Depressione: un nuovo approccio terapeutico per i farmaco-resistenti

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Ci sono forme di depressione che resistono anche ai trattamenti tradizionali e contro cui, fino ad oggi, i medici non hanno mezzi risolutivi per combatterle.

Secondo un recente studio condotto dai ricercatori della Medical University of South Carolina (MUSC), ci sono invece delle speranze. Infatti, un nuovo tipo di trattamento che prevede la stimolazione cerebrale pare offrire risultati apprezzabili.

Si chiama EpCS, ovvero una bilaterale epidurale prefrontale stimolazione corticale, ed è un metodo di stimolazione elettrica cerebrale dei poli anteriori frontali e della corteccia prefrontale laterale.

Il dr. Ziad Nahas, che ha coordinato la ricerca, ha dichiarato che per questo studio i ricercatori si sono «concentrati su queste due regioni, perché sono parte di una delle grandi reti del cervello che hanno un ruolo primario nella regolazione dell’umore. Entrambe giocano ruoli complementari che integrano esperienze emotive e cognitive offrono un’opportunità distinta per i trattamenti antidepressivi mirati».
«La stimolazione corticale ha diversi vantaggi, a condizione che mostri la sua efficacia nel trattamento della depressione. È reversibile, non è distruttiva e potenzialmente più sicura rispetto ad altre forme di stimolazione cerebrale invasiva in quanto le pale stimolanti non entrano in contatto diretto con il cervello» ha poi aggiunto Nahas.

In questo piccolo studio sono stati coinvolti 5 pazienti affetti da depressione che non rispondeva ai trattamenti classici che prevedono i farmaci, la psicoterapia, la stimolazione magnetica transcranica, stimolazione del nervo vago o terapia elettroconvulsiva.
I pazienti sono stati seguiti dopo l’intervento chirurgico eseguito per applicare l’impianto di stimolazione e valutati periodicamente utilizzando le normali valutazioni cliniche.
Dopo sette mesi, il miglioramento medio è stato del 54,9% per cento in base alla scala di Hamilton per la depressione e 60,1% in base all’Inventory of Depressive Symptoms Self Report.
A conclusione dello studio i ricercatori hanno dichiarato che i «risultati preliminari sono incoraggianti ma non definitivi. Ora che abbiamo una prova concettuale, si dovrebbe mirare a studiare SPE bilaterali in grandi studi controllati con placebo».

La Stampa

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