Emorroidi: una risposta High-Tech per un disturbo diffuso

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Presentato oggi a Napoli un innovativo dispositivo per il trattamento chirurgico mininvasivo
della patologia emorroidaria

Napoli, 19 febbraio 2010 – In Italia circa 3.500.000 di persone – vale a dire il 9% della popolazione adulta – soffre di emorroidi, un problema non sempre affrontato, ma in grado di compromettere pesantemente la qualità della vita.

Ogni anno, nel nostro Paese, vengono effettuati circa 38.000 interventi chirurgici per il trattamento della patologia emorroidaria: tra le regioni più “sensibili” troviamo la Lombardia, che conta più di 7.000 interventi l’anno, seguita dal Lazio con 3.923 e dalla Campania con 2.554 interventi. I pazienti sono soprattutto uomini, con 20.925 interventi, contro i 13.197 delle donne. La maggior parte di pazienti ha tra i 15 e i 64 anni (28.559), mentre gli over 65 sono solo 5.549 (fonte: Ministero della Salute).

Sul totale dei trattamenti, il 68% (26.000) sono eseguiti con la tecnica dell’emorroidopessi, che permette di riposizionare il tessuto in eccesso, evitando l’asportazione delle emorroidi. Questa tecnica è destinata a migliorare ulteriormente grazie alla recente introduzione sul mercato da parte di Covidien, leader mondiale di prodotti per la salute, del dispositivo chirurgico HEEA con tecnologia DST ™, presentato oggi a Napoli nel corso di un incontro rivolto alla comunità medico-scientifica, che rappresenta l’evoluzione delle suturatrici meccaniche.

“Questa innovativa soluzione – dichiara il Professor Alberto Del Genio, Ordinario della 1^ Clinica chirurgica della 2^ Università di Napoli – garantisce un migliore accesso ai tessuti prolassati grazie alla sua testina rimovibile e un controllo ottimale della strumentazione per il posizionamento della stessa. Favorisce, inoltre, una migliore visibilità al chirurgo, permette di ridurre il sanguinamento, contribuendo a migliorare i risultati dell’intervento”.

“Il campo chirurgico, in questo tipo di interventi, è normalmente di difficile accesso – continua il Dottor Gennaro Rispoli, Primario di Chirurgia Generale presso l’Ospedale Ascalesi di Napoli – Con questo nuovo dispositivo la tecnica operatoria, ormai consolidata, può divenire senz’altro più agevole grazie a una visione migliorata del campo operatorio stesso consentita dal port e dall’anoscopio trasparenti”.

Il presupposto dell’emorroidopessi è quello di non asportare le emorroidi, in quanto svolgono una funzione di completamento della continenza dei liquidi e dei gas.
L’intervento rimuove una banda circolare di mucosa rettale, in modo da non permettere più lo scivolamento del tessuto attraverso il canale anale, e ricolloca la mucosa, i cuscinetti emorroidali e l’anoderma nella loro posizione originaria.
L’emorroidopessi viene effettuata attraverso l’uso di un apposito strumento, una suturatrice circolare che realizza una cucitura sterile muco-mucosa, consentendo l’esecuzione dell’intervento in modo rapido e sicuro.

Con la suturatrice circolare si asporta il prolasso e, contemporaneamente, la mucosa viene ricongiunta con microclips al titanio. Non si pratica nessuna incisione nell’ano, che riacquista la normale anatomia e le normali funzioni fisiologiche.
I vantaggi di questa tecnica chirurgica sono rappresentati dalla riduzione del dolore post-operatorio rispetto alle tradizionali procedure chirurgiche, ripristino anatomico e funzionale del canale anale, dalla riduzione della degenza ospedaliera e un conseguente rapido ritorno del paziente alla normale attività.

“La tecnica, ideata una decina di anni fa dal medico italiano Antonio Longo, con il quale ho collaborato fin dall’inizio – afferma il Dottor Angelo Stuto, Presidente della SIUCP, Società Italiana Unitaria di Colonproctologia – si è oramai ampiamente diffusa in Italia e all’estero. Sono, per questo, molto soddisfatto di poter constatare che oltre alle evidenze scientifiche riscontrabili in letteratura, questa pratica chirurgica sia in continua evoluzione, grazie all’innovazione dei device che ci permettono di eseguire in modo sempre più efficace questi interventi”.

“Nel trattamento chirurgico della malattia emorroidaria c’è oramai la consapevolezza che l’intervento di emorroidopessi sia il gold standard” ribadisce il Professor Francesco Gabrielli, Direttore della Clinica Chirurgica dell’Università Milano Bicocca. “Si tratta, infatti, di un intervento che si avvicina molto alla formula “ideale” perché è poco doloroso, consente al paziente un inserimento nell’attività di relazione e lavorativa nel giro di un paio di giorni e non è gravato da un indice di recidiva superiore a quello delle tecniche chirurgiche “tradizionali” che, al contrario, sono caratterizzate da una convalescenza più lunga e da dolore post-operatorio importante. Mi fa piacere constatare – conclude Gabrielli – che ci sia stata negli anni una diffusa presa di coscienza dell’efficacia di questo intervento, tanto che la ricerca si è mossa, e si continua a muovere, verso un continuo perfezionamento della strumentazione chirurgica, al fine di rendere al chirurgo il lavoro più facile e offrire al paziente risultati sempre migliori”.

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