[Fond. Veronesi] Campi elettrici recapitano farmaco dentro cellule tumorali

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elettroporazione

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Dai trattamenti estetici all’oncologia. L’elettroporazione è una tecnica utilizzata per aprire i pori della membrana cellulare per introdurre nelle cellule il Dna o altre sostanze farmacologiche. Come, ad esempio, creme e cure varie per contrastare l’invecchiamento della pelle. O come i farmaci chemioterapici contro le metastasi ossee causate da un tumore della pelle in fase avanzata. Se nei centri estetici la metodica è già in uso da tempo, la sua applicazione in versione anticancro è piuttosto recente, ma i dati ultimamente presentati dagli specialisti dall’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna sembrano promettenti.

COME FUNZIONA – L’elettroporazione consiste in una repentina scarica elettrica, indolore per il paziente. Gli elettrodi introdotti nel tessuto malato creano campi elettrici che fanno aprire i pori nella membrana cellulare e permettono così un più facile e aumentato ingresso dei farmaci antitumorali direttamente nelle cellule cancerose. Il team del Rizzoli ha sperimentato la tecnica prima in laboratorio e poi, a partire dal luglio 2009, anche in fase clinica su alcuni malati con metastasi ossee: «Abbiamo verificato che in questo modo l’efficacia dei chemioterapici antiblastici viene potenziata soltanto nelle aree interessate dal campo elettrico» ha spiegato Milena Fini, coordinatrice del Centro di riferimento specialistico di studi preclinici tecnologie e terapie innovative del Rizzoli e a capo della sperimentazione.

I VANTAGGI PER I MALATI – «Le conseguenze positive sono due – prosegue Fini -: innanzitutto l’efficacia del trattamento aumenta, cioè in pratica le cellule tumorali muoiono di più, e inoltre non viene alterata l’impalcatura ossea». Questo significa che l’osso si ricostituisce con cellule sane dopo il trattamento. Non si ha quindi il cosiddetto «crollo» causato dalle terapie ablative tradizionali (quelle che per colpire la metastasi alterano maggiormente la costituzione delle ossa), che impone di intervenire ulteriormente e invasivamente, ad esempio con iniezioni di cemento, per sostenere l’apparato scheletrico indebolito. Prima della sperimentazione del Rizzoli, dicono gli specialisti bolognesi, il dispositivo era utilizzato per applicazioni limitate ed esclusivamente su tessuti molli (ad esempio per i tumori primitivi e metastatici della pelle). Ora il gruppo di ricerca di Bologna è riuscito a creare, attraverso la messa a punto di una particolare tecnologia, un campo elettrico idoneo ai tessuti ossei, risparmiando quelli muscolari, vascolari e nervosi.

UNA SOLUZIONE PER UN MILIONE DI MALATI – Sono circa un milione e 100 mila ogni anno in Europa i pazienti oncologici con metastasi ossee. Per molti di loro l’elettroporazione potrebbe offrire una nuova opportunità di cura per neoplasie che hanno un alto tasso di mortalità o localizzate in sedi tali da non consentirne l’asportazione chirurgica: «Presso il nostro laboratorio – concludono dal Rizzoli – sono in corso ulteriori studi per utilizzare questa tecnica anche per le lesioni tumorali “difficili” come quelle fegato e pancreas».

Vera Martinella (Fondazione Veronesi)

24 maggio 2010

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