I pazienti con mieloma multiplo – una neoplasia del midollo osseo – candidati a ricevere il trapianto autologo – che consiste nella reinfusione di cellule staminali raccolte dal proprio sangue e non da un parente o un donatore – da oggi possono beneficiare di una nuova efficace terapia, che aumenta la percentuale di remissioni e riduce il rischio di progressione della malattia. E’ quanto emerge da uno studio condotto in 73 centri ematologici ed oncologici italiani – pubblicato oggi sulla Rivista scientifica The Lancet – condotto da un gruppo di ricercatori, coordinati dal Prof.
Michele Cavo dell’Istituto di Ematologia “Seragnoli” dell’ Universita’ di Bologna, Azienda Ospedaliero – Universitaria S.Orsola-Malpighi.

Lo studio ha riguardato circa 500 pazienti con la malattia di nuova diagnosi dimostrando che una nuova combinazione di tre farmaci (bortezomib, o Velcade®, talidomide e cortisone) (VTD) consente di triplicare la percentuale di remissioni prima del trapianto rispetto ad una delle terapie convenzionali maggiormente in uso e costituita da talidomide e cortisone (TD). Dopo due mesi di terapia, la percentuale di remissioni ottenuta con VTD e’ risultata, infatti, pari al 31%, mentre e’ stata dell’11% con TD. Il beneficio ottenuto – sottolineano i ricercatori – e’ uno dei piu’ elevati e rapidi registrati sino a questo momento con una terapia eseguita subito dopo la diagnosi. La nuova combinazione a tre farmaci (VTD) ha dimostrato la sua maggiore efficacia rispetto a quella a due farmaci (TD) anche come terapia di consolidamento dopo il trapianto autologo, consentendo di incrementare ulteriormente la percentuale di remissioni sino ad un valore pari al 62%. Nei casi in cui la nuova terapia e’ stata somministrata in associazione al trapianto autologo ha ridotto del 39% il rischio a tre anni di progressione della malattia ed ha significativamente prolungato la durata della sopravvivenza libera da progressione (68% a tre anni rispetto al 56% con TD), riducendo del 37% il rischio di eventi correlati alla malattia. Questo risultato e’ stato mantenuto anche nei pazienti a prognosi sfavorevole, tra i quali quelli con particolari alterazioni cromosomiche e che sino a questo momento non avevano tratto particolari vantaggi dal trapianto autologo.

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