Resveratrolo: l’antiossidante del vino rosso, come funziona

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Gli effetti positivi sul metabolismo energetico del resveratrolo, la cui efficacia e sicurezza sono state di recente oggetto di aspre polemiche, appaiono confermati, almeno per bassi dosaggi della molecola, da una ricerca che indica nelle sirtuine le proteine che ne mediano l’azione .

Dopo essere stato osannato come molecola di lunga vita, il resveratrolo è stato recentemente travolto da una serie di polemiche, sfociate anche in accuse di falsificazione dei dati, sulla sua reale efficacia e sulla possibile esistenza, nel caso di alti dosaggi, anche di effetti secondari negativi. Che le polemiche siano arrivate al calor bianco è spiegato in parte anche da un possibile uso dei derivati del resverastrolo non tanto contro i processi d’invecchiamento, quanto per la loro supposta azione sul metabolismo energetico che, se confermata, potrebbe tradursi in farmaci per il diabete, un mercato già ricco e in costante espansione.

Ora uno studio pubblicato sulla rivista “Cell Metabolism” sembra confermare la tesi degli effetti positivi del resverastrolo, a bassi dosaggi, indicandone il principale meccanismo d’azione.

Fra i grossi problemi incontrati dalle ricerche sul resverastrolo vi erano infatti da un lato la mancata conoscenza dei meccanismi che ne avrebbero dovuto mediare l’azione e, dall’altro, una certa opacità nel rapporto fra dosaggi ed effetti.

Secondo David Sinclair, della Harvard Medical School, il principale ricercatore coinvolto nella polemica, la sostanza esplica i propri effetti mobilitando le sirtuine, una famiglia di proteine di cui è già nota l’influenza sui processi di invecchiamento, mentre per altri ricercatori si avrebbe l’attivazione di un percorso energetico separato, chiamato AMPK, che pur essendo anch’esso collegato ai mitocondri non comporta il coinvolgimento dei geni per le sirtuine.

La procedura classica per dirimere simili questioni è quella di controllare che cosa succede somministrando la sostanza a topi in cui sia stato silenziato il gene per la proteina che si suppone coinvolta (ossia in topi knockout per quel gene). Purtroppo, però, in questo caso tale procedura non era applicabile dato che i topi knockout per il gene SIRT1 (che codifica la principale sirtuina di cui si ipotizza il coinvolgimento), non sono in grado di sopravvivere.

Nel nuovo studio, Nathan Price e Ana Gomes, allievi di Sinclair, sono riusciti nel difficile compito di ingegnerizzare dei topi in cui il gene SIRT1 può essere silenziato a comando attraverso la somministrazione di tamoxifene.

Dopo aver silenziato SIRT1 in questi topi, i ricercatori hanno così controllato la funzionalità mitocondriale delle cellule somministrando basse dosi di resveratrolo, riscontrando che non avveniva alcun miglioramento della funzionalità dei mitocondri. Al contrario, nei topi di controllo si poteva osservare un deciso aumento della produzione di energia. Un dato che conferma quindi il coinvolgimento di SIRT1 nella esplicazione degli effetti del resveratrolo.

Va peraltro osservato che aumentando le dosi di resveratrolo, anche nei topi knockout si osservava l’attivazione anche della via AMPK, ma senza alcun beneficio alla funzione mitocondriale. A questo proposito, Sinclair ha osservato che “Il resveratrolo è una molecola ‘sporca’, così quando si somministrano dosi molto elevate, possono accadere molte cose. E’ normale che quando si studiano gli effetti di molecole si utilizzi la dose minima efficace dato che a dosi più alte esiste il rischio di colpire anche altri obiettivi. Ma per sfruttare i benefici sulla funzione energetica, serve SIRT1. Il nostro lavoro mostra che SIRT1 è in prima linea, qualunque sia la dose di resveratrolo”

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