Tumore dell’ovaio: più informazione e prevenzione per sconfiggerlo.

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A Milano incontro pubblico tra pazienti, ricercatori e clinici per fare il punto su questa insidiosa malattia, il Tumore all’ovaio: cinque milioni di nuovi caso.


In Europa il tumore dell’ovaio miete 500 vittime al giorno e solo nel nostro Paese vengono diagnosticati 5 mila nuovi casi all’anno con possibilità di sopravvivenza ancora troppo basse, soprattutto, se come accade nelle maggior parte dei casi, il tumore viene identificato in fase avanzata. È proprio per far conoscere questo killer silenzioso, considerato il tumore ginecologico più minaccioso, che ormai da due anni sono scese in campo le stesse donne colpite dalla malattia che hanno dato vita a ACTO Onlus – Alleanza contro il tumore ovarico. Per promuovere una maggiore informazione e collaborazione tra le figurano che ruotano intorno a questa malattia ACTO Onlus ha appena organizzato, presso l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, un incontro per fare il punto sulle novità nel campo dell’immunologia, della clinica e della ricerca. «L’obiettivo dell’incontro – ha spiegato Flavia Villevieille Bideri, Presidente di ACTO Onlus -, anche con il coinvolgimento delle Istituzioni competenti, è quello di informare e avvicinare le pazienti, i ricercatori, i medici e le strutture del territorio per creare un’alleanza in cui ognuno, con le proprie competenze, possa contribuire alla lotta contro questa insidiosa malattia».


TUMORE OVAIO –
La maggior parte delle donne italiane non conosce il tumore dell’ovaio o lo confonde con quello dell’utero. Purtroppo si tratta di una malattia che nelle fase iniziali non dà sintomi eclatanti e così succede che otto volte su dieci venga individuata in stadio avanzato, con una sopravvivenza a cinque anni che non va oltre il 37%. Al contrario, quando la malattia viene individuata all’inizio la sopravvivenza è molto buona, arriva all’80-90 per cento. La lotta a questo tumore oggi viene combattuta su più fronti: bisogna favorire la diagnosi precoce, ma anche lo studio di cure innovative e garantirne l’accesso in tempi rapidi. Non a caso, all’incontro ha partecipato anche la senatrice Emanuela Baio, prima firmataria di una mozione, approvata all’unanimità in Senato, che si propone proprio di promuovere la conoscenza del tumore ovarico, di sostenere iniziative sul territorio per favorire una diagnosi tempestiva, ma anche di affiancare le donne che vivono l’incubo della malattia.

LA TERAPIA – «Ormai da 15 anni la terapia di fondo del tumore dell’ovaio si basa, oltre che sulla rimozione chirurgica della massa tumorale, sulla combinazione di due farmaci (carboplatino e taxolo) – riferisce Nicoletta Colombo, primario di Ginecologia oncologica all’Istituto europeo di oncologia (Ieo), uno dei centri più avanzati in Italia per la cura del carcinoma ovarico -. Negli anni sono stati fatti tantissimi tentativi per trovare terapie più efficaci, associando altri farmaci a questa combinazione, provando schemi terapeutici diversi, vie di somministrazione alternative. Qualche progresso è stato fatto, ma non abbiamo ancora a disposizione un trattamento risolutivo. Al momento le maggiori speranze vengono dall’impiego di terapie antiangiogenche che, impedendo lo sviluppo di nuovi sanguigni, tolgono nutrimento al tumore e hanno mostrato di aumentare l’efficacia delle terapie standard». Tra i farmaci antiangiogenici, l’unico già disponibile è il bavacizumab, un anticorpo monoclonale che si lega al Fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF). Di recente la Commissione europea ne ha approvato l’impiego in combinazione con la chemioterapia standard per la terapia di prima linea del tumore all’ovaio in fase avanzata. In Italia non abbiamo ancora la rimborsabilità di questo farmaco che, però, dovrebbe arrivare tra qualche mese. Intanto la ricerca ferve, si lavora su più fronti nella speranza di trovare qualche farmaco veramente innovativo e magari capace di stroncare il tumore alla radice. In attesa di nuovi sviluppi non bisogna, però, perdere di vista i bisogni delle donne che già si trovano a combattere questa malattia, facendo tutti gli sforzi possibili per sostenerle e per rendere le cure in dirittura d’arrivo accessibili.
Corriere.it

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