Pressione alta: arriva la cura definitiva

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Scienziati mettono a punto una terapia che potrebbe risolvere in modo permanente il problema della pressione arteriosa alta, o ipertensione
Una cura definitiva per la pressione alta, o ipertensione? A quanto sembra la speranza può divenire reale in Europa entro un anno grazie a uno studio australiano condotto dai ricercatori del Baker IDI Heart and Diabetes Institute di Melbourne, i quali hanno presentato gli straordinari risultati al Congresso Europeo di Cardiologia a Monaco di Baviera (Germania).

La pressione alta, si sa, è una condizione molto pericolosa poiché espone al rischio di subire un attacco cardiaco, un ictus o anche sviluppare un’insufficienza renale. Bene lo sanno sia i medici che i pazienti che sono costretti a tenerne sotto controllo i valori.
Allo stato attuale, la pressione arteriosa si tiene sotto controllo per mezzo dei farmaci e, ovviamente, anche modificando il proprio stile di vita – seguendo per esempio una dieta corretta povera di sodio, facendo del movimento e così via.
Nonostante ciò, ci sono ancora delle persone che non rispondono ai trattamenti farmacologici e che restano pertanto a rischio cardiovascolare e renale. Proprio questi pazienti sono stati il principale obiettivo della ricerca che si è conclusa nell’ideazione di un trattamento dei reni per mezzo di onde radio noto con il nome di denervazione renale.

Poiché gli scienziati ritenevano che una delle cause della pressione alta fossero determinati segnali difettosi che giungono dal cervello a una serie di piccoli nervi che si trovano nel rivestimento delle arterie del rene, hanno eseguito una serie di esperimenti atti a sottoporre questi nervi a un fascio di energia a radiofrequenza.

I risultati dei test, condotti su un gruppo di 100 pazienti che non rispondevano positivamente alle cure, hanno mostrato una significativa riduzione della pressione arteriosa – un beneficio che si è protratto per almeno 18 mesi dopo il trattamento.

Il principale autore dello studio, dottor Murray Esler, in una nota Baker ha dichiarato che i risultati sono incoraggianti e che lo studio mostra come per mezzo di questa procedura sia possibile sia possibile ottenere una sostanziale e duratura riduzione della pressione arteriosa, in particolare nei pazienti resistenti ai farmaci.
Ora non resta che aspettare di vedere in pratica l’utilizzo di questa tecnica anche nei trattamenti presso le strutture sanitarie.
(La Stampa)

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