Robots: ricercatori studiano l’assimilazione del linguaggio negli umanoidi

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La ricerca nel campo della robotica continua a crescere in Europa e l’introduzione di robot umanoidi ha obbligato gli scienziati a studiarne l’acquisizione del linguaggio. Ne sono un esempio un team di ricercatori del Regno Unito che hanno studiato lo sviluppo dei robot in grado di acquisire abilità linguistiche. Presentato sulla rivista PLoS ONE, lo studio si è occupato in particolare delle prime fasi, che hanno alcune caratteristiche in comume con un bambino di età compresa tra i 6 e i 14 mesi, momento in cui si ha il passaggio dal balbettio alle prime parole. I risultati, che hanno fatto luce sulle potenzialità dei sistemi di interazione tra umani e robot negli studi che si occupano delle prime fasi dell’acquisizione del linguaggio, sono frutto del progetto ITALK (“Integration and transfer of action and language knowledge in robots”) che ha ricevuto 6,3 milioni di euro nell’ambito del tema “Tecnologie dell’informazione e della comunicazione” (TIC) del Settimo programma quadro (7° PQ) dell’UE.

Scienziati del Gruppo di ricerca sui sistemi adattativi dell’Università dell’Hertfordshire nel Regno Unito hanno scoperto che un robot analogamente a un bambino di età compresa tra i 6 e i 14 mesi ha la capacità di sviluppare capacità linguistiche rudimentali. Il robot, chiamato DeeChee, è passato da vari balbettii sillabici a varie forme di parole, come colori e forme, dopo aver “conversato” con esseri umani. A questi ultimi era stato chiesto di parlare al robot come se fosse un bambino piccolo.

“È risaputo che i bambini sono sensibili alla frequenza dei suoni nel discorso e questi esperimenti mostrano come questa sensibilità possa essere modellata e contribuire all’apprendimento delle parole da parte di un robot,” ha detto l’autore principale, Caroline Lyon dell’Università dell’Hertfordshire

Nell’articolo, gli autori scrivono: “Volevamo studiare l’interazione tra esseri umani e robot e deliberatamente non volevamo mettere limiti. Lasciar parlare i partecipanti in modo naturale ha aperto possibilità di un’ampia gamma di comportamenti, possibilità che sono state sicuramente realizzate. Alcuni partecipanti si sono rivelati insegnanti migliori di altri: alcuni dei meno bravi hanno prodotto enunciati molto scarsi, mentre altri partecipanti più loquaci lodavano DeeChee per qualsiasi cosa facesse, il che ha deviato il processo di apprendimento verso non-parole.”

I ricercatori hanno detto che una delle ragioni per le quali il robot imparava le parole è che l’insegnante le diceva ripetutamente, una risposta che ci si aspettava. Il secondo motivo è che le sequenze di parole non importanti erano variabili, quindi la loro frequenza era dispersa. Secondo il team, questo fenomeno è la base di una serie di rilevatori automatici di plagio, nei quali la corrispondenza esatta di brevi sequenze lessicali indica che sono copiate. Infine, hanno detto che la rappresentazione fenomenica del linguaggio dall’insegnante al robot non è una mappatura dei suoni uniformemente stabile.

“Le frequenze delle sillabe nelle parole con forme fenomeniche variabili potrebbero essere attenuate rispetto a quelle che contengono parole importanti, o parti di tali parole,” scrivono. “Ci si è resi conto da tempo che in pratica c’è molta variabilità nel parlato spontaneo. Questo lavoro mostra le potenzialità dei sistemi di interazione con gli esseri umani negli studi sull’acquisizione del linguaggio e la metodologia di sviluppo iterativa sottolinea che la natura intrinseca dell’interazione potrebbe portare alla luce importanti fattori della dinamica dell’acquisizione del linguaggio che altrimenti non sarebbero notati da chi crea i modelli.”

Per maggiori informazioni, visitare:

University of Hertfordshire
http://www.herts.ac.uk/home-page.cfm

PLoS ONE
http://www.plosone.org/home.action

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