Vaccini antinfluenzali smezzano eventi cardiaci quali infarti

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Una settimana di passione per i vaccini contro l’influenza, dopo che il ministero della Salute ha vietato la vendita di quattro prodotti dell’azienda Novartis Vaccines. Un duro colpo che arriva all’inizio della stagione vaccinale, confermato dalle preoccupazioni dei medici di base che pronosticano un calo di un terzo di coloro che si vaccineranno quest’anno contro i tre ceppi del virus influenzale in circolazione.

Il ministero ribadisce “l’importanza della vaccinazione per le categorie a rischio” sottolineando che “i vaccini autorizzati per l’uso nell’uomo, inclusi quelli contro l’influenza, sono prodotti biologici sicuri, essendo sottoposti ad una serie di controlli accurati”.


Rassicurazioni in merito arrivano anche dall’Agenzia del Farmaco. “I vaccini sono tra i prodotti più controllati: una volta terminata la produzione – afferma in una nota l’Aifa – ogni lotto, prima di essere immesso sul mercato, è sottoposto ad un controllo specifico da parte di un laboratorio “terzo” ufficialmente autorizzato”. Controlli, ma anche benefici: “I vaccini sono un’importante risorsa per i singoli soggetti e per la collettività”, ricorda l’Aifa. Prove a sostegno arrivano anche da uno studio canadese presentato durante il Canadian Cardiovascular Congress: il vaccino contro l’influenza riduce del 50% le morti per ictus e infarto e del 40% la mortalità generale per tutte le altre cause.

La ricerca del TIMI Study Group and Network for Innovation dell’Università di Toronto, in Canada, ha analizzato oltre 3.200 pazienti, divisi equamente tra soggetti già malati di cuore e soggetti che non presentavano sintomi di malattia cardiaca, per circa un anno. Un motivo che secondo l’autore dello studio, Jacob Udell, cardiologo, giustifica l’estensione del vaccino anche alla popolazione che ha avuto una malattia cardiovascolare in precedenza. Tuttavia anche in Canada, esclusi i pazienti con più di 65 anni, che hanno una copertura vaccinale superiore al 66%, il ricorso al vaccino nella popolazione tra 18 e 64 è molto bassa, intorno al 35%.

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