Telefonini ancora sotto esame: possibili causa di danni al cervello da radiazioni elettromagnetiche?

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I telefonini ancora sotto esame per i possibili danni al cervello causati dalle radiazioni elettromagnetiche. Un team di scienziati testa una nuova tecnica non invasiva per misurarne l’impatto sul cervello.
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L’uso del cellulare è nocivo o no? Su questa domanda si sono già scontrati molti scienziati: da una parte c’è chi ritiene che le radiazioni elettromagnetiche e radio emesse dai telefonini siano dannose per il corpo, e in particolare il cervello. Dall’altra parte c’è chi sostiene che non vi siano prove o evidenze scientifiche che sia così. L’unica cosa su cui tutti concordano è che un uso eccessivo sia da evitare, così come l’utilizzo da parte dei bambini.
In mezzo, poi, c’è il parere dell’Agenzia sul cancro dell’OMS e della IARC (l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), le quali hanno classificato i cellulari come agenti potenzialmente cancerogeni.

La strada per comprendere se e come queste radiazioni sono dannose per il cervello passa per la sperimentazione e l’osservazione degli effetti direttamente sull’organo interessato. Tuttavia, fino a oggi, non si disponevano di tecniche affidabili e, soprattutto, non invasive. Così un team di scienziati Usa hanno condotto una serie di esperimenti per valutare la quantità di energia elettromagnetica derivante dalle radiazioni dei cellulari che può essere assorbita da un cervello.
Per far ciò, hanno utilizzato una risonanza magnetica nucleare (NMR) su di un cervello bovino. Al fine di ottenere dei dati validi, i ricercatori David H. Gultekin e Lothar Moeller hanno modificato un’antenna in modo che si formassero delle immagini 3D dei punti caldi (provocati dalle radiazioni), senza che i potenti campi magnetici generati dalla NMR interferissero con i risultati.

I risultati completi dello studio sono stati pubblicati sulla rivista PNAS e mostrano che è possibile misurare gli effetti delle radiazioni senza utilizzare metodi più complicati e invasivi. Alcuni degli attuali metodi esistenti, per verificare i punti caldi, comportano l’inserimento di una sonda in un gel progettato per imitare il modo in cui un cervello conduce il calore: un metodo non del tutto affidabile poiché gli effetti sul cervello sono soltanto simulati.
La tecnica NMR, invece, può fornire risultati più affidabili, sebbene negli esperimenti condotti questi sono stati portati all’estremo.
«Questo studio presenta essenzialmente la peggiore delle ipotesi, in termini di riscaldamento del tessuto cerebrale da parte delle radiazioni – spiegano gli autori – L’aumento di temperatura nel tessuto cerebrale in vivo dovrebbe essere inferiore a causa della perfusione». La perfusione, lo ricordiamo, qui è intesa come il modo in cui avviene la distribuzione del sangue a un determinato organo o tessuto – in questo caso, il cervello.

Secondo i ricercatori le tecniche attuali sono superate. «Sono invasive e non in grado di misurare i campi termici nei tessuti ex vivo o in vivo – sottolinea il dottor  David Gultekin del Memorial Sloan-Kettering Cancer Centre di New York – Il metodo NMR non è invasivo e in grado di misurare i campi termici in ex-vivo e in-vivo, nonché gli effetti della perfusione».
«Il nostro metodo – aggiunge il dottor Lothar Moeller dei Bell Labs – ha il vantaggio che può essere applicato per misurare a distanza l’aumento della temperatura causata dalle radiazioni del telefono cellulare all’interno del cervello in vivo. Nessun altro metodo esistente può fare questo».

Nonostante il convincimento degli autori dello studio, è chiaro che per valutare se e come le radiazioni abbiano un effetto sulla temperatura cerebrale è necessario poterlo appurare su un cervello umano, compreso del meccanismo naturale di termoregolazione. A motivo di ciò, non è possibile stabilirlo al momento. Saranno dunque necessari altri studi clinici sull’uomo per poter riaprire il dibattito sulla pericolosità o meno per il cervello dell’uso dei cellulari.

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