Vaiolo: debellato il virus umano, ma non quello delle scimmie, che coglierebbe impreparato il nostro sistema immunitario

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Il virus del vaiolo bovino e soprattutto quello delle scimmie trovano una popolazione con un sistema immunitario impreparatovaiolo
Niente allarmi apocalittici. Dopo l’impressionante pioggia di asteroidi sulla Russia, non c’è una terribile epidemia che minaccia l’umanità. È vero però che una delle più grandi conquiste della medicina, la totale eradicazione del vaiolo dal pianeta, potrebbe passare ora a chiedere il conto. Finché la gente si ammalava o si vaccinava, infatti, era diffusa una certa protezione anche nei confronti di altri virus della stessa famiglia, tipici di altre specie animali ma che possono contagiare anche gli esseri umani. Ora che non ci si vaccina di più, e la malattia è scomparsa, davanti a questi virus ci si ritrova invece del tutto indifesi.
I VIRUS DEL VAIOLO – A segnalarlo è un’inchiesta pubblicata su Scientific American, che a sua volta riprende le segnalazioni dei Centers for Disease Control di Atlanta e dei National Institutes of Health statunitensi: il virus del vaiolo bovino e soprattutto quello delle scimmie, diffuso in alcune zone dell’Africa, trovano oggi, per la prima volta nella storia dell’umanità, una popolazione con un sistema immunitario totalmente impreparato a difendersi da questa infezione.


Per millenni infatti la storia dell’umanità è stata segnata dal virus del vaiolo umano, che uccide un terzo delle persone che colpisce, e sfigura quelle che riescono a sopravvivere. Ancora nel ventesimo secolo la malattia ha provocato nel mondo 300 milioni di vittime. Poiché però questo virus vive solo negli esseri umani, e solo tra esseri umani si trasmette, le campagne di vaccinazione a tappeto condotte nel secolo scorso hanno permesso di farlo scomparire del tutto dall’ambiente naturale. Campioni residui sono conservati ufficialmente solo in laboratori di massima sicurezza in Russia e negli Stati Uniti. Dopo la segnalazione dell’ultimo caso, verificatosi in Somalia nel 1977, tutti i Paesi hanno progressivamente sospeso e poi abrogato le campagne vaccinali. «Questo provvedimento ha lasciato spazio ad altre infezioni – ha spiegato Anne Rimoin, della School of Public Health di Los Angeles -. Nella popolazione che vive nelle zone rurali della Repubblica Democratica del Congo, per esempio da quando, trent’anni fa, la vaccinazione antivaiolosa è stata sospesa, i casi del cosiddetto “vaiolo delle scimmie” sono aumentati di venti volte». La vaccinazione contro la malattia umana, infatti, conferiva una certa protezione anche nei confronti di questo virus, che alberga normalmente nei roditori ma da questi può passare, soprattutto tramite morsi, ai primati, esseri umani e scimmie, in cui appunto è stato isolato e che per questo è stato chiamato così. La letalità dell’infezione è inferiore a quella del vaiolo umano, ma comunque preoccupante: uccide infatti il 10 per cento delle persone colpite.[one_fourth last=”no”]

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E IN EUROPA? – Per ora l’allarme è limitato e del tutto circoscritto, anche se, con la facilità e l’intensità degli spostamenti di oggi, non si può escludere che la malattia si diffonda, essendo il virus in grado di trasmettersi tra gli esseri umani. Per questo potrebbe essere candidato anche a essere usato come arma biologica. Se la preoccupazione dovesse aumentare, per arginarla si potrebbe comunque pensare di riprendere, almeno nelle zone a maggior rischio, la distribuzione del vaccino antivaioloso, che protegge nell’85 per cento dei casi dall’infezione e di cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità conserva scorte. Nel frattempo in Europa la cautela è richiesta soprattutto per le persone immunodepresse, a causa dell’AIDS o di altre malattie: in alcuni roditori tenuti anche come animali da compagnia circola infatti il virus del vaiolo bovino, che ha provocato alcuni casi di infezione nei padroni di arvicola o lemmi.

Per fortuna si tratta in questi casi di lesioni limitate alla pelle delle dita e delle mani (come quelle che Edward Jenner aveva osservato nei mungitori e da cui aveva tratto il materiale per il suo primo vaccino antivaioloso). Ma nelle persone in cui le difese sono compromesse, anche questo virus meno aggressivo potrebbe in teoria dar luogo a forme più diffuse.

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