Cure palliative: necessarie per oltre 40.000 lombardi. Primi risultati di un progetto regionale per un’efficace rete ospedale-territorio

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hand-in-heart-2Oltre 250 i pazienti assistiti a domicilio, 320 quelli ricoverati in Hospice nel 2012 e una dote di 700 euro assegnata a 16 nuclei familiari. Bilancio positivo per il primo semestre di vita del progetto regionale “Il malato e la famiglia al centro della rete delle cure palliative”, applicato in via sperimentale nella ASL Milano 1, nei distretti di Magenta e Abbiategrasso. Clarissa Florian, responsabile scientifico dell’iniziativa: “L’obiettivo è una più stretta integrazione della rete locale e, al contempo, la gestione appropriata delle risorse modulando l’intensità assistenziale. Man mano che si sviluppa il network delle cure palliative, la curva dei decessi in ospedale scende, con risparmi quantificati in centinaia di milioni di euro. Le cure palliative possono quindi essere interpretate come un modello paradigmatico di welfare sostenibile”.

Abbiategrasso,  aprile 2013 – Un sostegno economico alle famiglie che scelgono l’assistenza domiciliare, nei distretti di Magenta e Abbiategrasso. Interventi di base e specialistici, tra loro interagenti in funzione dell’avvicinarsi del fine vita, erogati direttamente a casa del paziente. Prestazioni specifiche in regime di ricovero giornaliero presso l’Hospice di Abbiategrasso. E ancora, un ambulatorio di cure palliative negli ospedali di Magenta e Abbiategrasso al fine di garantire la presa in carico globale, precoce e continuativa dei pazienti seguiti in regime ambulatoriale e un’adeguata consulenza di cure palliative presso i reparti di degenza.

Queste le quattro principali attività del progetto regionaleIl malato e la famiglia al centro della rete delle cure palliative”, approvato ai sensi della Deliberazione n° IX/3239 “Linee guida per l’attivazione di sperimentazioni nell’ambito delle politiche di welfare”. Ispirato a criteri di appropriatezza del livello di intensità assistenziale e a una più stretta integrazione della rete locale, il progetto è ora in fase di sperimentazione presso la Asl Milano 1, ma l’auspicio è quello di una sua estensione a tutta la Lombardia e anche a livello nazionale.

 

Rivolto a malati di cui è stata dichiarata l’inguaribilità (e non la terminalità), in diversi momenti della storia della malattia, nel corso del 2012 il progetto ha seguito oltre 250 pazienti a domicilio, 320 ricoverati in Hospice e ha visto l’assegnazione della dote di 700 euro a 16 nuclei familiari. “Le azioni che stiamo implementando”, evidenzia Clarissa Florian, direttore scientifico dell’Hospice di Abbiategrasso, responsabile del progetto e del servizio di assistenza domiciliare “hanno come obiettivo una più adeguata gestione della comunicazione di diagnosi e prognosi, il supporto al malato e alla sua famiglia nell’accettazione graduale dell’inguaribilità, ma anche la definizione del setting più appropriato per la prosecuzione delle cure, supportando lo specialista nell’attivazione dei servizi territoriali competenti, evitando trattamenti non appropriati e segnalazioni tardive alle cure palliative. Nondimeno si vuole stimolare il confronto fra le diverse professionalità coinvolte nel percorso assistenziale, per un rafforzamento della rete ospedale-territorio.

Per questo mi sento di ringraziare in prima persona il Dottor De Paoli, la Coordinatrice Infermieristica Portalupi Paola e l’intera équipe del Day Hospital di oncologia dell’Ospedale Fornaroli di Magenta, indispensabili nella fase di start up del progetto in ospedale e per la costante, quotidiana collaborazione. Quello del Fornaroli è infatti il primo ambulatorio ospedaliero di cure palliative che è stato avviato a seguito del progetto. Un altro, la cui attività è stata inaugurata nei giorni scorsi, è l’ambulatorio del Cantù – ospedale di Abbiategrasso – che vede la Dottoressa Baratto dell’Hospice di Abbiategrasso  lavorare in integrazione con l’équipe del Dottor Lanzetti. L’obiettivo della collaborazione è garantire ai malati l’accesso precoce e graduale alle cure palliative.

 

Oggi purtroppo accedono a questo tipo di cure quasi esclusivamente pazienti affetti da tumore. La popolazione potenziale è calcolata intorno ai 29.000 pazienti in Lombardia, ai quali se ne aggiungono altri 15.000 affetti da patologie croniche non oncologiche, ma ugualmente ascrivibili a cure palliative. “Per garantire una risposta a tutti questi pazienti, – prosegue Florian – occorrerà sempre di più sperimentare modalità organizzative flessibili, una gestione più appropriata delle risorse per modulare l’intensità assistenziale in base a necessità che possono variare nel tempo, in modo non sempre lineare e prevedibile. A questo proposito la rete ospedale-territorio, che comprende presidi ospedalieri in diversi distretti, assistenza domiciliare, hospice e medici di medicina generale, è cruciale affinché il malato e la sua famiglia abbiano un punto di riferimento in ogni momento della malattia e soprattutto servizi che ‘si parlino’, attraverso la condivisione di protocolli d’intesa, grazie anche alla presenza di figure facilitatrici. Davanti all’impossibilità di vivere uno stato di salute, il paziente deve essere messo nella condizione di scegliere consapevolmente a chi riferirsi e in quale luogo vivere la malattia e la morte”.

 

Il progetto si inserisce anche nel quadro di una maggiore sostenibilità della spesa sanitaria. “In ottica di spending review, ogni euro investito nelle cure palliative porta a un risparmio. Gli ingredienti di questa ricetta sono in primo luogo la possibilità di evitare ricoveri impropri, iter diagnostici e farmacologici inutili e costosi. I dati del Ministero della Salute indicano che, man mano che si sviluppa la rete di cure palliative, la curva dei decessi in ospedale scende, con risparmi quantificati in centinaia di milioni di euro. In secondo luogo c’è l’assistenza domiciliare, in cui le famiglie sono pronte e disponibili ad impegnarsi, purché possano contare sul supporto di équipe preparate e dedicate, sull’hospice nei momenti di crisi e sulle organizzazioni di volontariato. Le cure palliative possono essere interpretate dunque come un modello paradigmatico di welfare sostenibile. Paradigmatico perché si tratta di una rete relativamente nuova, una rete di dimensioni ridotte che consente una sperimentazione di grande valore. In seguito il modello potrà essere applicabile alle numerose problematiche che l’invecchiamento della popolazione ci porrà in futuro: cronicità dell’anziano, demenze, malattie neurologiche. Sarà indispensabile sviluppare ulteriormente i servizi sul territorio, perché solo così il sistema potrà reggere a livello economico senza penalizzare i pazienti”, conclude Florian.

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