Malattie genetiche: identificata la via di accumulo dei glicolipidi

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Potrebbe essere il bersaglio di nuove terapie
Nell’era della post-genomica quando si parla di malattie genetiche il pensiero corre inevitabilmente ad approcci terapeutici che mirino a curarle sostituendo il gene difettoso che le causa. Un nuovo studio pubblicato sulle pagine di Nature apre, però, una nuova interessante prospettiva in cui il bersaglio delle terapie non sono i geni, ma i glicolipidi, costituenti fondamentali delle membrane cellulari.

Grazie ad una collaborazione con l’Istituto di biochimica delle proteine del Cnr e il Ceinge di Napoli, l’Università di Osaka (Giappone), le Università di Oxford e Cambridge (Regno Unito) e la Akademi University di Turku (Finlandia), i ricercatori dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Napoli guidati da Antonella De Matteis hanno infatti scoperto che all’interno dell’apparato del Golgi, organello indispensabile per la produzione dei glicolipidi, esiste una sorta di corsia preferenziale riservata ad alcune di queste molecole e che potrebbe essere il bersaglio terapeutico su cui agire per trattare quelle rare patologie in cui i i glicolipidi, non essendo adeguatamente smaltiti, tendono ad accumularsi.

“L’apparato del Golgi funziona come una sorta di catena di montaggio il cui nastro attraversa le varie cisterne trasportando i diversi componenti da assemblare per ottenere il prodotto finito – ha spiegato De Matteis – a livello di ogni cisterna avviene una specifica modificazione propedeutica a quella successiva”. Gli autori di questo studio hanno scoperto che a differenza di quanto pensato fino ad oggi all’interno di questa catena di montaggio esiste più di un nastro trasportatore e che quello controllato dalla proteina FAPP2 collega direttamente l’inizio e la fine della catena di montaggio, consentendo ad alcuni glicolipidi di essere prodotti senza tappe intermedie.

“Aver scoperto questo nuovo percorso che fanno queste sostanze ci suggerisce un nuovo possibile bersaglio terapeutico su cui agire – ha commentato De Matteis – invece che agire sul difetto genetico possiamo infatti pensare di rallentare la produzione di glicolipidi e limitarne così l’accumulo dannoso”.

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