“Dito a Scatto”: 7 pazienti su 10 sono donne. Oggi si cura con la tecnica all’ago

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Il dito a scatto, anche detto “trigger finger”, è la seconda patologia più frequente a carico della mano, che colpisce in particolare le donne (75% dei casi).


A seconda del livello d’intensità del dolore arrecato, può essere curata con trattamento farmacologico o intervento chirurgico. “In quest’ultimo caso – spiega la dottoressa Silvia Giordani, Chirurgo della mano a Bologna e Rovigo – l’ultima metodica messa a punto è la puleggiotomia percutanea con ago, che senza tagli permette di liberare il canale al cui interno si trova il tendine infiammato”.

Trigger-finger
Bologna, 16 settembre 2013 – Non c’è solo la sindrome del tunnel carpale. Parlando di patologie della mano è la prima a cui si pensa, perché la più diffusa. Forse non tutti sanno che al secondo posto viene il dito a scatto, l’infiammazione cronica dei tendini flessori delle dita della mano, associata a un restringimento del canale lungo cui scorre il tendine stesso (puleggia).

La metodica più innovativa per intervenire su questo tipo di disturbo, nata negli Stati Uniti e da poco introdotta anche in Italia, è la puleggiotomia con tecnica all’ago, che consente di liberare il canale del tendine in modo meno invasivo e senza incidere la cute.

Il dito a scatto o “trigger finger” è una delle malattie più comuni della mano, frequente tra le donne di mezza età, soprattutto nel periodo precedente la menopausa. Chi per lavoro deve eseguire movimenti di presa ripetuti è maggiormente soggetto all’insorgenza della patologia che può essere anche causata da condizioni croniche come il diabete, la gotta o alterazioni della tiroide e malattie reumatiche. Si presenta, inizialmente, come un dolore del palmo della mano associato a una limitazione della funzionalità del dito interessato. Successivamente il dolore si irradia a tutto il dito e può arrivare a provocare, nel tempo, una ridotta motilità dello stesso, evolvendo in artrosi dell’articolazione inter-falangea prossimale.

Il paziente può avere inizialmente la sensazione di una pallina sottocutanea o di uno ‘scatto’ sul palmo della mano”, spiega Silvia Giordani, Chirurgo della mano a Bologna e Rovigo, Specialista in Ortopedia e Traumatologia. “In questa una fase, detta ‘triggering’, si può eseguire un’infiltrazione con acido ialuronico, che diminuisce l’infiammazione dei tendini, determinando un benessere spesso momentaneo. L’infiltrazione risulta di semplice esecuzione ma non va ripetuta per più volte, soprattutto se ravvicinate nel tempo. Se il triggering è di entità più severa, non resta che l’intervento chirurgico, che consente di ottenere buoni risultati. L’operazione si basa su un concetto semplice: si aumenta lo spazio all’interno del canale del tendine che fa da ‘rotaia’ e quindi si permette ai tendini di scorrere meglio, senza infiammarsi e quindi senza provocare dolore”.

Il metodo chirurgico standard, chiamato “puleggiotomia”, consiste nella liberazione del canale, attraverso una modesta incisione (circa 2 centimetri), eseguita alla base del dito interessato. Ciò permette l’utilizzo della mano abbastanza velocemente, ma con delle limitazioni legate alla ferita chirurgica. Proprio per ovviare a questo inconveniente e rendere l’operazione meno invasiva, è da poco disponibile una nuova modalità d’intervento.

 

“Si tratta di una metodica innovativa e molto valida, recentemente introdotta dagli Stati Uniti – sottolinea la dottoressa Silvia Giordani –. È la puleggiotomia con tecnica all’ago. Dato che permette di non incidere la cute, viene più correttamente definita ‘puleggiotomia percutanea’. Dopo aver eseguito una blanda anestesia locale, si evidenzia la puleggia che viene poco alla volta lacerata con la punta dell’ago. È una tecnica non molto conosciuta, ma che permette il rientro immediato alle normali attività fisiche e lavorative senza dolore. Va però sottolineato che deve essere il chirurgo a valutare in quali casi sia più indicata”.

 

“La patologia del dito a scatto – conclude la dottoressa Giordani – è di agevole diagnosi e trattamento. Il paziente, pertanto, non deve rassegnarsi al dolore, ma deve rivolgersi quanto prima a uno specialista, dal momento che la malattia necessita della valutazione di un chirurgo ortopedico con specifica esperienza per questo tipo di disturbi”.

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