Dolore cronico: ancora troppi pazienti senza una terapia. Serve una vera rete ospedale-territorio

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vivere_senza_doloreSecondo un’indagine condotta dall’Associazione vivere senza dolore durante la campagna Link Up, il 46% dei pazienti accede autonomamente ai centri di terapia antalgica, senza uno screening preventivo eseguito dal medico di famiglia e, nel 23% dei casi, senza neppure avere una terapia in corso.

I FANS rappresentano ancora oggi i farmaci più utilizzati dal medico di medicina generale e dallo specialista di patologia e vengono impiegati anche per terapie a lungo termine, oltre i 4 mesi. Ancora scarsa la comunicazione tra territorio ed ospedale: per assicurare la continuità delle cure auspicata dalla Legge 38, va creata al più presto una vera rete assistenziale.

Milano, 26 Settembre 2013 – Si rivolgono direttamente ai centri specialistici di terapia antalgica quasi 1 volta su 2, soffrono in media di un dolore severo, legato a lombalgia o lombosciatalgia, ma sono in trattamento con una terapia – prescritta dal medico di medicina generale (83%) – a base di FANS (nel 35,2% dei casi) da quasi 3 mesi.

 

E’ questo l’identikit del malato che cerca supporto presso un ambulatorio specialistico per il dolore, emerso dall’ultima ricerca effettuata dall’Associazione pazienti vivere senza dolore, nel corso della campagna itinerante LINK UP, e presentata oggi a Milano.

Il progetto, promosso nel 2013 con il patrocinio del Ministero della Salute, ha coinvolto 15 centri ospedalieri per la cura del dolore e 65 medici di famiglia SIMG. L’iniziativa prevedeva la compilazione da parte dei clinici, sia ospedalieri sia di famiglia, di appositi questionari con l’obiettivo di capire quali percorsi seguissero i pazienti affetti da dolore cronico nel loro iter, volto a trovare le giuste cure per la patologia dolorosa. L’indagine puntava a verificare come e da chi venissero seguiti i pazienti per la terapia antalgica e quale relazione esistesse tra medico di famiglia e specialista ospedaliero, in un’ottica di rete assistenziale ospedale-territorio. Complessivamente, sono stati raccolti 1.379 questionari, 855 presso i centri specialistici e 524 dai medici SIMG.

Analizzando in dettaglio i risultati raccolti nei centri specialistici, è emerso come il 46% dei pazienti arrivi presso queste strutture senza un preventivo screening effettuato – come prevede la Legge 38 – dal medico di medicina generale (MMG). Ciò determina, per i centri, la presa in carico di assistiti che potrebbero essere curati in altri ambiti, evitando di allungare i tempi d’attesa per coloro che necessitano realmente di cure più specifiche. Sia per i pazienti giunti spontaneamente che per quelli inviati dal MMG, ancora alta è la percentuale di malati senza una terapia (rispettivamente, 23% e 23,7%) o con terapie non idonee (i FANS sono ancora oggi i farmaci più utilizzati anche per trattamenti cronici oltre i 4 mesi). Molto bassa la comunicazione tra MMG e centro specialistico: in oltre l’80% dei casi, il paziente rimane in carico al centro.

 

Per quello che riguarda i dati raccolti presso gli ambulatori dei medici di famiglia, si evidenzia come l’impiego dei farmaci oppioidi per la cura del dolore sia ancora sotto considerato. Terapie non adeguate potrebbero spiegare l’alta percentuale, pari al 75%, di pazienti con dolore non controllato, in carico al MMG. Misurare e riconoscere la tipologia di dolore sono aspetti fondamentali per poter impostare terapie multi-farmacologiche appropriate: è dunque fondamentale un’adeguata formazione e una comunicazione continua tra i diversi referenti del dolore.

 

“Il progetto che abbiamo realizzato – spiega Marta Gentili, Presidente dell’Associazione vivere senza dolore – ha evidenziato come sia indispensabile creare la rete territorio – ospedale. E’ necessario costruire un network tra malato, medico di famiglia e specialista del dolore sia per facilitare il percorso di cura dell’assistito, sia per ottimizzare le risorse a disposizione. Educare il paziente sul corretto iter da seguire e continuare nel processo di formazione rivolto al medico di famiglia: sono due obiettivi che, tutti insieme, dobbiamo perseguire per compiere ulteriori passi avanti nell’applicazione della Legge a tutela di chi soffre”.

 

“I risultati della nuova indagine condotta da vivere senza dolore”, interviene Guido Fanelli, Presidente della Commissione Ministeriale sulla terapia del dolore e le cure palliative, “ribadiscono la necessità di continuare con determinazione lungo la strada intrapresa ed evidenziano l’impellenza di una formazione adeguata del medico di famiglia, figura cardine all’interno della rete territoriale. In quanto Presidente della Commissione e Direttore di un centro che ha partecipato alla campagna Link Up, vorrei sottolineare l’importanza di iniziative come questa, svolte con spirito costruttivo, nell’intento di migliorare la conoscenza della Legge 38, a tutti i livelli. Essenziale, per una reale applicazione della normativa, è attuare quanto prima quel modello di continuità assistenziale Territorio-Ospedale che consentirà di ridurre gli accessi impropri ai centri specialistici, abbattendo le liste di attesa e fornendo a chi ne ha bisogno prestazioni qualificate, in tempi brevi. E proprio nell’ottica di favorire la continuità delle cure – conclude Fanelli – stiamo lavorando affinché, sulle Schede di Dimissione Ospedaliera, venga indicata anche l’eventuale terapia antalgica seguita dal paziente e la sua efficacia”.

 

“La Società Italiana di Medicina Generale – afferma Pierangelo Lora Aprile, Responsabile area Dolore di SIMG – ha aderito fattivamente a questo progetto di ricerca originale promosso dall’Associazione ‘vivere senza dolore’, che mira a fotografare il comportamento dei Medici nei soggetti portatori di dolore cronico. I risultati sono interessanti e documentano alcune criticità che dovranno essere affrontate, sia sul piano organizzativo sia su quello più specifico della formazione: prima fra tutte, la mancanza di un Percorso Diagnostico-Terapeutico condiviso tra MMG e Specialista. La sfida per la Medicina Generale dei prossimi anni sarà quella di essere sempre di più cardine del comparto delle Cure Primarie, luogo in cui si generano i bisogni. Da qui deve partire l’iter assistenziale per la gestione dei malati con un problema di dolore, secondo quanto stabilisce la Legge 38; ai Centri di Terapia antalgica, di primo e secondo livello, vanno invece riservati i casi complessi”.

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