Protesi neuromuscolari: possibili soluzioni contro paralisi

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L’intenzione di movimento può essere tradotta nel movimento reale di un arto collegato elettronicamente al sistema nervoso.


Lo dimostra uno studio in cui una nuova interfaccia cervello-macchina ha consentito a un macaco di comandare volontariamente a distanza l’arto di un altro macaco. Il modello rappresenta un importante passo in avanti per la realizzazione di protesi neuromuscolari che permettano di superare le paralisi motorie.
Un importante passo in avanti verso un possibile recupero delle paralisi motorie è stato compiuto grazie a una nuova interfaccia cervello-macchina sperimentata sui macachi in uno studio pubblicato su “Nature Communications” a prima firma Maryam M. Shanechi della Cornell University a Ithaca, nello Stato di New York. Neuromuscular-DiseaseIl dispositivo è in grado di tradurre l’intenzione di portare a termine un compito motorio da parte di una scimmia in un movimento volontario compiuto con un arto fisiologicamente separato dal suo sistema nervoso.

Shanechi e colleghi hanno elaborato un modello basato su due esemplari adulti di scimmie rhesus (Macaca mulatta) che, nelle diverse sessioni della sperimentazione assumevano alternativamente i ruoli di master e di avatar. Secondo gli autori, i due macachi dello studio rappresentano un modello in vivo di paralisi motoria, poiché non esisteva alcun collegamento fisiologico diretto tra il sistema nervoso del master e la zampa dell’avatar.

In una prima fase, l’avatar veniva addestrato a muovere un cursore sul monitor di un computer e collocarlo all’interno di un bersaglio circolare colorato. Grazie a una serie di elettrodi cerebrali, gli autori hanno registrato e digitalizzato i segnali neurali della corteccia motoria che si attivavano quando il macaco muoveva intenzionalmente il cursore verso il bersaglio.

La corteccia cerebrale motoria, che elabora le informazioni necessarie il movimento volontario, si trova nella parte posteriore del lobo frontale (© ROGER HARRIS/Science Photo Library/Corbis)
Nella seconda fase, il master era di fronte monitor, ma questa volta il cursore era comandato in remoto da un joystick vincolato alla zampa dell’avatar, che si trovata, sedato, in un’altra parte del laboratorio. Una serie di elettrodi impiantati nel sistema nervoso dell’avatar erano collegati a quelli del master, tramite un dispositivo responsabile del processo di codifica e decodifica del segnali neurali, secondo lo schema di mappe neurali registrate nella fase di addestramento.

Shanechi e colleghi hanno dimostrato che il master riusciva volontariamente a collocare il cursore all’interno del bersaglio, comandando da remoto la zampa dell’avatar collegata al joystick: il dispositivo d’interfaccia cervello-macchina così realizzato rappresenta di fatto una protesi neuromotoria in grado di superare la paralisi, almeno per quanto riguarda lo specifico compito definito dallo studio.

Un aspetto molto rilevante del risultato è che la disconnessione tra cervello e movimento controllato è stata superata utilizzando un’interfaccia cervello-macchina in grado d’interpretare la semplice intenzione di muovere un arto e di tradurla in un’attivazione muscolare, mediata da un’appropriata stimolazione neurale.

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