Retina funzionale, prodotta in laboratorio

0

Un tessuto retinico strutturato e con cellule responsabili della percezione della luce è stato ottenuto in vitro partendo da staminali pluripotenti indotte, ricavate dalla riprogrammazione di cellule umane adulte.


Il tessuto ha dimostrato di produrre un segnale elettrico in risposta a un impulso luminoso. Il risultato è un primo passo verso la realizzazione di una retina funzionale in laboratorio che potrebbe avere importanti applicazioni terapeutiche.

retina_biocompatibile

Da cellule staminali umane a tessuto della retina tridimensionale: è questo il processo di differenziamento cellulare ottenuto in vitro dai ricercatori della Johns Hopkins University che firmano un articolo sulla rivista “Nature Communications”. Uno degli aspetti più rilevanti dei risultato ottenuto da Valeria Canto-Soler e colleghi è che il tessuto include i fotorecettori, cioè le cellule specializzate a rilevare la luce nell’apparato visivo: si tratta del primo passo verso una retina pienamente funzionale ottenuta in laboratorio.

La ricerca è stata basata sull’uso di cellule staminali pluripotenti indotte, un particolare tipo di cellule staminali che sono ottenute riprogrammando cellule adulte, cioè facendo percorrere a ritroso il percorso che porta le cellule staminali a maturare in una specifica linea cellulare fino a diventare adulte. Una volta ritornate allo stadio di staminali pluripotenti indotte, queste cellule possono nuovamente differenziarsi nella maggior parte, se non tutti, dei 200 tipi di cellule dell’organismo.

In questo caso, l’obiettivo dei ricercatori era ottenere i progenitori delle cellule retiniche, destinate a formare il tessuto della retina sensibile alla luce che riveste il fondo oculare. Utilizzando una semplice tecnica da loro stessi sviluppata per stimolare la crescita dei progenitori della retina, gli autori hanno visto svilupparsi nelle piastre di Petri prima le cellule retiniche e poi il tessuto retinico strutturato, secondo gli stessi stadi e la stessa durata che si osservano nel feto umano.

“Essenzialmente, abbiamo realizzato una retina umana in miniatura in vitro che non solo ha l’architettura della retina stessa, ma ha anche la capacità di percepire la luce”, spiega Canto-Soler. “Questi progressi potrebbero portare a tecnologie che permettano di recuperare la vista in persone con malattie della retina”.

“Sapevamo che era necessaria una struttura cellulare tridimensionale per poter riprodurre le caratteristiche funzionali”, aggiunge la ricercatrice. “Ma quando abbiamo iniziato questo lavoro, non pensavamo che le cellule staminali sarebbero state in grado di costruire una struttura retinica in modo autonomo”.

Il successo dello studio è legato al fatto che i progenitori ottenuti a partire dalle cellule stamilai pluripotenti indotte hanno generato tutti i principali tipi di cellule retiniche, ovvero: gangliari, amacrine, bipolari, orizzontali e soprattutto i coni e i bastoncelli, i fotorecettori responsabili della visione. Inoltre, le cellule appaiono correttamente organizzate in una struttura laminare, e ognuna occupa la corretta posizione fisiologica.

Per verificare se i fotorecettori fossero realmente in grado di trasformare la luce in un impulso elettrico, come fanno i recettori nell’occhio in condizioni fisiologiche, gli autori hanno collegato un elettrodo alla retina in vitro, che poi ha ricevuto impulsi luminosi. E in effetti la risposta è stata molto simile a quella delle cellule retiniche denominate bastoncelli, che consentono la visioni in condizioni di scarsa luminosità, e che sembrano quindi i fotorecettori predominanti a questo stadio di sviluppo del tessuto retinico. 

Il risultato dimostra, secondo gli autori, che con le condizioni appropriate, le cellule staminali pluripotenti indotte sono in grado di dare origine a progenitori potenzialmente in grado di differenziarsi in tutta la gamma di cellule retiniche. Per quanto riguarda invece la sensibilità alla luce, la retina in vitro ha raggiunto solo un primo stadio di funzionalità e per progredire anche in questo aspetto occorreranno nuovi studi. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *