Dalle sessioni di Live Surgery dell’ 87° congresso della societa’ italiana di urologia- siu – firenze – fortezza da basso 27- 30 settembre 2014

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cancro_prostataPRESENTATA A FIRENZE LA PROTESI CHE SCONFIGGE L’IMPOTENZA DOPO TUMORE

Ogni anno in Italia 3.000 maschi affetti da grave deficit erettile potrebbero ritrovare la potenza sessuale con una protesi che viene però impiantata solo al 30 % di loro-  1 su 3

 

Migliaia di maschi italiani over 50 soffrono di impotenza conseguente all’intervento per il  tumore della prostata o a malattie cardiovascolari, diabete o disfunzioni che occludono le vene. Patologie spesso associate a una disfunzione erettile grave che compromette seriamente la vita di coppia.


A lanciare l’allarme in occasione del congresso della Società Italiana di Urologia – SIU in corso a Firenze è il dottor Augusto Delle Rose , responsabile del Servizio di andrologia presso la Clinica  Urologica II dell’ospedale di Careggi di Firenze che precisa: “in 3 casi su 10 le “pillole dell’amore” sono inefficaci  e l’unica alternativa valida e garantita a vita è l’impianto protesico.

Secondo i calcoli degli esperti, ogni anno, in Italia, sono almeno 3 mila gli uomini che ne avrebbero bisogno, ma  soltanto il 30% di loro (1 su 3 ) si sottopone all’intervento
. Per gli altri l’amore resta “negato” a causa di una scarsa informazione ma anche per l’imbarazzo e il pudore del paziente a richiedere le protesi”.  Secondo recenti dati dopo il tumore è crisi di coppia per circa 3 milioni di italiani affetti da impotenza conseguenza indesiderata dell’asportazione radicale della prostata che si  può ora trattare con valide soluzioni. “Le ultime evoluzioni terapeutiche”, precisa il dottor Delle Rose,  “puntano, quando i farmaci stimolatori dell’ erezione non funzionano  , sull’impianto di  protesi peniene di nuova generazione che consentono il ritorno a una normale sessualità L’asportazione chirurgica della prostata nonostante le tecniche laparoscopiche, robotiche e la nerve sparing  che risparmia i nervi dell’erezione, causa comunque impotenza in circa  il  30 – 40% dei pazienti operati.

  Durante l’intervento chirurgico infatti i nervi dell’erezione possono subire dei danni che determinano una disfunzione erettile spesso definitiva.  Per tornare al vigore sessaule di prima e tornare ad amare la soluzione definitiva è l’impianto di protesi peniene tricomponenti di nuova generazione AMS 700 .Rispetto a quelle del passato, le tricomponenti inducono un’ erezione simile a quella fisiologica con ingrossamento e allungamento del pene  risolvendo così anche la riduzione del pene che dopo la prostatectomia  si accorcia di 1,5 cm  nei 15 giorni successivi all’intervento fino ad arrivare a 2 cm entro l’anno successivo”.

Una semplice pressione. Precisa Delle Rose :“L’impianto della protesi è un intervento sicuro e si effettua con l’inserimento  all’interno dei corpi cavernosi del pene ,  di due cilindri espansibili collegati ad una pompa di controllo, posta sotto la pelle dello scroto tra i due testicoli e ad un serbatoio contenente del liquido. L’uomo può ottenere un’erezione con la stessa sensibilità e capacità di orgasmo presenti prima dell’intervento premendo sull’area in cui è posizionata la pompa. In questo modo il liquido si trasferisce dal serbatoio ai cilindri e il pene si indurisce.  Dopo il rapporto  azionando di nuovo  la pompa  il pene torna al normale stato di flaccidità. La protesi peniena proprio per queste sue caratteristiche rappresenta la risoluzione del problema, con grande soddisfazione dei pazienti. Nonostante la protesi risolva definitivamente l’impotenza post-prostatectomia, molti uomini non ne conoscono l’esistenza perché spesso non vengono informati. Stessa mancanza di informazione anche per i 400.000 italiani affetti da grave impotenza non legata a interventi alla prostata ma che non risponde ai farmaci. Gli interventi di chirurgia protesica lo scorso anno sono stati 1.200: solo lo 0.4% degli italiani con gravi problemi erettili ha ricevuto un trattamento risolutivo, nonostante molti studi scientifici dimostrino l’efficacia delle  protesi con un elevato grado di soddisfazione per il paziente e per la partner”.

 

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