Trapianto neonatale di cellule in grado di curare rara malattia genetica. Ricerca Telethon

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Un gruppo di ricercatori, grazie al finanziamento della Fondazione Telethon, ha dimostrato in modelli animali che il trapianto di cellule staminali del midollo osseo se effettuato alla nascita, è efficace per prevenire le anomalie ossee causate dalla sindrome di Hurler, una rara malattia genetica. Lo studio sottolinea l’importanza degli screening neonatali e apre nuove prospettive per il trapianto dal sangue del cordone ombelicale.

Roma, 20 ottobre 2014 – Dalla ricerca Telethon una nuova prospettiva di cura per una rara malattia genetica, la sindrome di Hurler. Un gruppo di ricercatori guidati da Marta Serafini del Centro di ricerca Tettamanti, Dipartimento di Pediatria dell’Università di Milano Bicocca, in collaborazione con il Centro di Biostatistica per l’epidemiologia clinica della stessa Università, il Nemours/Alfred I. duPont Hospital for Children Wilmington, DE, USA dell’Hospital for Children di Wilmington, Delaware negli USA e il Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università Sapienza di Roma, ha dimostrato, per la prima volta in modelli animali, l’efficacia del trapianto di cellule staminali ematopoietiche per prevenire le malformazioni ossee, caratteristiche della malattia, se effettuato in età neonatale.
La sindrome di Hurler o mucopolisaccaridosi di tipo 1, provoca nei bambini affetti una disfunzione multiorgano, un ritardo psicomotorio e soprattutto gravi anomalie scheletriche.  Colpisce 1 bambino ogni 175.000 ed è causata da mutazioni in un gene chiamato “Idua”.

 

I bambini con sindrome di Hurler appaiono alla nascita del tutto normali, ma dopo pochi mesi iniziano a manifestare i primi sintomi. Il trattamento d’elezione è il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, che tuttavia oggi non è in grado di risolvere del tutto i problemi scheletrici perché viene effettuato quando già la malattia inizia a manifestarsi.

 

Per questo motivo i ricercatori hanno ipotizzato che sottoporre i pazienti al trapianto nei primissimi mesi di vita possa prevenire i danni allo scheletro.

Hanno quindi sperimentato il trapianto in laboratorio su topi neonati affetti da questa patologia e dimostrato che il trattamento è efficace se viene effettuato tempestivamente.

 

Marta Serafini, ricercatrice del Centro di ricerca Tettamanti di Monza diretto dal Professor Andrea Biondi, rientrata in Italia dopo un’esperienza all’estero anche grazie al programma di carriere Telethon-Dulbecco, commenta: “Questo studio, sebbene limitato a una malattia genetica rara, dimostra l’importanza di implementare gli screening neonatali. Ciò permetterebbe, infatti, una diagnosi precoce e il trattamento immediato, che in alcuni casi, come nella sindrome di Hurler, possono influire sulla stessa progressione della malattia”.

Attualmente in Italia gli screening neonatali obbligatori interessano un ristretto numero di patologie e solo in alcune Regioni sono stati estesi a un maggior numero di malattie. In alcuni stati americani e paesi europei sono già stati attuati programmi pilota per la diagnosi neonatale di malattie da accumulo lisosomiale, cioè causate da un’alterazione di una delle funzioni dei lisosomi, piccoli organi deputati allo smaltimento dei rifiuti cellulari, come la sindrome di Hurler.

 

Prossimo obiettivo su questa malattia sarà di sfruttare i programmi di screening per individuare chi ne è affetto e sottoporlo a un trapianto di cellule staminali cordonali, ottenute cioè dal sangue del cordone ombelicale di madri donatrici. In Italia, infatti, è possibile donare il sangue cordonale, che viene raccolto e conservato in strutture specializzate per poi poter essere utilizzato a scopo di ricerca e di trapianto. Questo permetterebbe di ovviare in futuro anche al problema della ricerca di un donatore di midollo compatibile in un arco di tempo ridotto.

 

Questo studio è stato reso possibile grazie a finanziamenti della Fondazione Telethon nell’ambito del programma carriere Telethon-Dulbecco. Creato nel 1999, l’Istituto Dulbecco è un programma nato per fornire ai ricercatori la possibilità di una carriera indipendente in Italia. Intitolato al premio Nobel per la medicina Renato Dulbecco, il “Dti” recluta ricercatori brillanti e promettenti, a cui vengono assicurati stipendio e fondi di ricerca per 5 anni per lavorare in istituti italiani di loro scelta.

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