Sarcomi dei tessuti molli ad alto rischio di recidiva: aumento significativo della sopravvivenza grazie alla chemioterapia neoadiuvante

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Straordinari risultati di un’analisi ad interim condotta dal dottor Gronchi dell’Istituto Nazionale dei Tumori, presentati oggi a Copenaghen durante il congresso ESMO: potrebbe rivoluzionare i protocolli di cura.

 

Copenaghen, 10 ottobre, 2016 – La chemioterapia neoadiuvante con epirubicina e ifosfamide è stata associata a un aumento di sopravvivenza significativo nei pazienti con sarcoma dei tessuti molli del tronco o delle estremità ad alto rischio di recidiva. Lo evidenziano i risultati di un’analisi ad interim, presentata oggi al Congresso ESMO 2016  di Copenaghen, che ha portato alla interruzione anticipata di un trial in corso.

   Lo studio ha confrontato questa chemioterapia con regimi chemioterapici scelti in base ai sottotipi istologici, sulla base di evidenze di differenti attività riscontrate nella malattia avanzata.


Il vantaggio della chemioterapia adiuvante nel sarcoma dei tessuti molli è stato molto dibattuto negli ultimi anni a causa di risultati contraddittori nella ricerca”, ha detto il principal investigator dello studio, dottor Alessandro Gronchi, Responsabile della Chirurgia dei Sarcomi dell’Istituto Nazionale dei Tumori. In questo studio multicentrico, i ricercatori hanno reclutato 287 pazienti con alto rischio metastatico di sarcoma dei tessuti molli delle estremità o del tronco superficiale, suddivisi in cinque sottotipi istologici che rappresentano circa l’80% di tutti i sarcomi dei tessuti molli.

I pazienti sono stati randomizzati a tre cicli di epirubicina (120 mg / mq) più ifosfamide (9 g / mq), o a uno dei cinque regimi definiti su misura in base al profilo istologico: gemcitabina + docetaxel nel sarcoma pleomorfo indifferenziato; trabectedina nel liposarcoma mixoide ad alto grado; infusione prolungata ad alte dosi di ifosfamide nel sarcoma sinoviale; etoposide + ifosfamide in tumori maligni della guaina dei nervi periferici o gemcitabina + dacarbazina nel leiomiosarcoma.

Dopo un follow-up mediano di 12,3 mesi, i pazienti randomizzati a epirubicina più ifosfamide hanno mostrato una probabilità significativamente più alta di non avere metastasi (0,62 vs 0,38, p = 0,004) e una probabilità di sopravvivenza (0,89 vs 0,64, p = 0,033) rispetto ai pazienti randomizzati a un regime suggerito dal profilo istologico e quindi, in ultima analisi, di essere guariti.

“In questo 80 per cento di pazienti che hanno un sarcoma dei tessuti molli delle estremità o del tronco superficiale ad alto rischio, è utile considerare la chemioterapia con epirubicina più ifosfamide perché la loro probabilità di cura è migliorata del 20% –  ha commentato il dottor Gronchi – . Attendiamo la conferma di questi risultati ad un follow-up più lungo, ma non ci aspettiamo sorprese data la stabilità delle curve osservate e la loro coerenza con studi precedenti con follow-up molto lunghi“.

Passando alla singola analisi dei 5 diversi sottogruppi, si è potuto constatare come il beneficio in favore del trattamento standard venisse riprodotto in maniera coerente in tutti, con l’eccezine del liposarcoma mixoide. Il trattamento individualizzato infatti a base di trabectedina si è dimostrato equivalente a quello standard. “La trabectedina è di gran lunga meno tossica rispetto alla chemioterapia convenzionale, per cui ora amplieremo questo sottogruppo per confermare la sua equivalenza per promuoverne il suo impiego in questo particolare sottogruppo in prima linea“, ha concluso il dottor Gronchi.

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