Infarto: al San Raffaele si è scoperta “l’impronta” di un nuovo elemento

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I ricercatori del San Raffaele di Milano hanno scoperto che, nelle placche coronariche dei soggetti colpiti da infarto miocardico, è presente un elemento estraneo all’organismo che attiva il sistema immunitario. Una novità che potrebbe aprire la strada verso nuove strategie di prevenzione e di cura della malattia. Lo studio, pubblicato sulla rivista Journal of Immunology, è stato realizzato integralmente in Italia nei laboratori dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e dell’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele da ricercatori italiani in collaborazione con la Bracco Imaging di Milano. L’insorgenza dell’infarto è comunemente correlata alla presenza di fattori di rischio come lo stress, alti livelli di colesterolo nel sangue, l’obesità e il fumo di sigaretta.
Tuttavia la presenza di queste condizioni riesce a spiegare solo in parte la frequente insorgenza di questa grave malattia, in quanto molti pazienti colpiti da infarto non presentano nessuno di questi fattori di rischio. In questo contesto, l’ipotesi che infezioni causate da batteri o virus possano avere un ruolo nel causare l’infarto è stata spesso avanzata, ma nessuno è stato mai in grado di chiarire questo importante aspetto che è rimasto fino ad oggi non del tutto provato. Il lavoro pubblicato dal gruppo di scienziati del San Raffaele dimostra per la prima volta come, all’interno delle placche coronariche di pazienti colpiti da un infarto acuto, ovvero nel luogo preciso dove avviene la chiusura dell’arteria che blocca l’afflusso del sangue al cuore, le cellule del sistema immunitario che producono gli anticorpi, cioè le proteine in grado di proteggerci da virus e batteri, siano attivate per la presenza di un antigene, ovvero da una sostanza riconosciuta come estranea dal nostro organismo. La dimostrazione di questo fenomeno è stata ottenuta attraverso il clonaggio e la dissezione molecolare dei geni delle cellule deputate alla produzione di anticorpi. “Le implicazioni – scrivono in una nota Massimo Clementi e Roberto Burioni, docenti di microbiologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e coordinatori dello studio – di questa ricerca, che ha avuto commenti molto positivi anche da autorevoli riviste straniere, sono notevoli. In primo luogo, anche se non si è ancora scoperta la natura dell’antigene, questo lavoro scientifico mette in mano ai ricercatori una specie di ‘impronta dell’assassino’. Noi non conosciamo ancora l’agente esterno che stimola il sistema immune all’interno delle arterie coronarie quando un paziente è colpito da un infarto, ma siamo a questo punto in grado di cercarlo, visto che abbiamo a disposizione la traccia specifica che ha lasciato”. Una volta chiarita la natura dell’antigene, si può immaginare la messa a punto di test in grado di individuare i pazienti che, pur non avendo fattori di rischio, corrono tuttavia il pericolo di essere colpiti dall’infarto. Infine, questo risultato inaspettato ed importante è il primo passo verso nuove possibilità sia per la prevenzione, sia per la terapia di questa gravissima e molto diffusa malattia.

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