Neuroni: connessioni sinaptiche basate su campi elettrici

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I ricercatori ritenevano che i neuroni nel cervello comunicassero mediante collegamenti fisici chiamati sinapsi. Tuttavia, neuroscienziati finanziati dall’UE hanno trovato solide prove che i neuroni comunicano tra loro anche mediante deboli campi elettrici, una scoperta che ci potrebbe aiutare a capire come la biofisica crea la cognizione.

Lo studio, pubblicato nella rivista Nature Neuroscience, è stato in parte finanziato dal progetto EUSYNAPSE (“From molecules to networks: understanding synaptic physiology and pathology in the brain through mouse models”), che ha ricevuto 8 milioni di euro nell’ambito dell’area tematica “Scienze della vita, genomica e biotecnologie per la salute” del Sesto programma quadro (6° PQ) dell’UE.

L’autore principale, il dott. Costas Anastassiou, un borsista post dottorato presso il Californian Institute of Technology (Caltech) negli Stati Uniti, assieme ai suoi colleghi spiega come il cervello sia una complessa rete di singole cellule nervose, i neuroni, che usano segnali elettrici o chimici per comunicare tra loro.

Ogni volta che un impulso elettrico corre lungo la ramificazione di un neurone, un piccolo campo elettrico circonda quella cellula. Pochi neuroni sono come degli individui che parlano tra loro e hanno delle brevi conversazioni. Ma quando essi si attivano tutti assieme, l’effetto è quello del frastuono della folla durante una partita di calcio.

Quel “frastuono” è la somma di tutti i piccoli campi elettrici creati dall’attività neurale organizzata nel cervello. Anche se da molto tempo si riconosce che il cervello genera deboli campi elettrici in aggiunta all’attività elettrica di eccitazione delle cellule nervose, questi campi erano considerati epifenomeni, ovvero effetti collaterali superflui.

Non si sapeva nulla riguardo a questi deboli campi poiché, in effetti, solitamente essi sono troppo deboli per poter essere misurati a livello dei singoli neuroni; le loro dimensioni sono nell’ordine dei milionesimi di metro (micron). Perciò i ricercatori hanno deciso di determinare se questi deboli campi hanno qualche effetto sui neuroni.

La misurazione sperimentale di campi così deboli che vengono emanati o che hanno effetti su un numero ridotto di cellule cerebrali non è stato un compito facile. Degli elettrodi estremamente piccoli sono stati usati a brevissima distanza da un gruppo di neuroni di ratto per cercare “potenziali locali di campo”, i campi elettrici generati dall’attività dei neuroni. Qual è stato il risultato? Essi sono riusciti a misurare dei campi debolissimi, con valori pari a un millivolt (un millesimo di volt).

Commentando i risultati, il dott. Anastassiou ha detto: “Poiché è stato molto difficile posizionare così tanti elettrodi in un volume ridottissimo di tessuto cerebrale, le scoperte della nostra ricerca sono davvero originali. Nessuno era stato in grado di ottenere questo livello di risoluzione spaziale e temporale.”

Ciò che hanno scoperto è stato sorprendente. “Noi abbiamo osservato che dei campi molto deboli, con valori di un millivolt per millimetro, modificano in modo netto l’attivazione dei singoli neuroni, e aumentano la cosiddetta “spike-field coherence”, il sincronismo con cui i neuroni si attivano in relazione al campo,” ha aggiunto.

Durante le violente crisi epilettiche, ad esempio, parti del cervello generano campi elettrici molto forti, nell’ordine di 100 millivolt per millimetro. Tuttavia, questa ricerca ha mostrato che anche campi energetici molto più deboli, se indirizzati verso aree ricettive nei neuroni, creano ciò che i ricercatori chiamano accoppiamento efaptico.

Questa “connessione” del campo energetico potrebbe essere un’altra modalità di coordinamento nel cervello, che si differenzia dai soliti canali neurone-sinapsi. Il dott. Anastassiou suggerisce che “una maggiore spike-field coherence potrebbe migliorare significativamente la quantità di informazioni trasmesse tra i neuroni, oltre che aumentare la loro affidabilità.”

Questo studio si unisce alla ricerca sul modo in cui il “pensiero” dipende dall’attività coordinata in varie regioni del cervello. Molti neuroscienziati ritengono che l’attività relativamente lenta e quasi infinitamente intrecciata di neuroni e sinapsi male si sposa con la velocità e l’efficienza del pensiero.

“Io credo fermamente che la comprensione dell’origine e della funzionalità dei campi cerebrali endogeni porterà a molte rivelazioni riguardanti l’elaborazione delle informazioni a livello dei circuiti, che, secondo me, rappresenta il livello in cui hanno origine percezioni e concetti,” ha detto il dott. Anastassiou.

“Questo, a sua volta, ci porterà a indagare come la biofisica crea la cognizione in modo meccanicistico, e questo, io ritengo, rappresenta il sacro Graal della neuroscienza.”

Per maggiori informazioni, visitare:

California Institute of Technology (Caltech):
http://www.rutgers.edu/

Nature Neuroscience:
http://www.nature.com/ngeo/index.html

EUSYNAPSE:
http://www.eusynapse.mpg.de/index.html

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