Parkinson: stimolazione cerebrale profonda, ottime le risposte

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Grazie ad una consolidata esperienza nella chirurgia stereotassica delle patologie neuro-oncologiche, al Dipartimento di Neuroscienze dell’istituto Nazionale Regina Elena di Roma prende il via la Stimolazione Cerebrale Profonda che offre una nuova opportunita’ di trattamento per i pazienti affetti da Parkinson che non rispondono piu’ alle terapie farmacologiche.

In Italia oltre 200 mila persone sono colpite dalla Malattia di Parkinson, patologia neurologica degenerativa che colpisce in genere la popolazione oltre la sesta decade, mentre per il 25% dei pazienti l’esordio avviene prima dei 50 anni. Ad oggi non esiste una cura preventiva e le cause sono in larga misura ignote. A livello cerebrale si osserva la degenerazione di alcuni neuroni deputati a rilasciare la dopamina e un’alterata comunicazione nei circuiti addetti al controllo motorio.

I primi impianti di un pacemaker collegato ad elettrodi cerebrali profondi sono stati effettuati alcune settimane fa al Regina Elena dal prof. Carmine Carapella in collaborazione con il dott. Carlo Colosimo, neurologo dell’Universita’ La Sapienza. “Il primo intervento in assoluto – ricorda Carapella, responsabile della Sezione di Neurochirurgia Stereotassica presso il Dipartimento di Neuroscienze IRE – e’ stato realizzato dal Professor Benabid a Gre’noble in Francia oltre 20 anni fa. Da allora molti centri neurochirurgici in Europa e nel resto del mondo hanno adottato questa procedura. In Italia, e in particolar modo nel Centro-sud, non sono ancora molti i Centri in grado di proporre la stimolazione cerebrale profonda come opzione terapeutica e di fornire ai pazienti tutte le valutazioni necessarie nelle fasi pre e post-chirurgiche (cliniche, neuropsicologiche, di imaging). I risultati ottenuti negli oltre 80.000 pazienti trattati in tutto il mondo ci confermano che la stimolazione cerebrale profonda e’ un trattamento efficace, sempre se gestito da un’equipe qualificata di neurochirurghi e neurologi.
La metodica consiste nell’impianto intracerebrale in una piccola area del talamo o dei gangli della base di un elettrodo stimolante collegato ad un pacemaker. Lo stimolo elettrico indotto in una zona del cervello che funge da relais su alcuni circuiti del movimento aiuta a controllare i sintomi della malattia e consente di ridurre l’uso dei farmaci specie quando responsabili di effetti poco desiderabili (disturbo dei movimenti volontari, turbe del comportamento)”.

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