Piede diabetico: evitare l’amputazione ora è possibile

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Il problema più rilevante legato a un’ulcera del piede nei soggetti diabetici è il rischio di amputazione. Secondo le stime ogni anno in Italia 7mila persone subiscono un’amputazione e oltre 2mila perdono l’intero arto. Un’équipe multidisciplinare di chirurghi e diabetologi del Policlinico di Abano Terme ha messo a punto una nuova tecnica per la rivascolarizzazione del piede diabetico che, assieme a procedure chirurgiche standardizzate a livello mondiale, riesce a scongiurare l’amputazione nel 95% dei casi.

 

Abano Terme (PD), 26 ottobre 2011 – Fra le più gravi complicanze causate dal diabete mellito ci sono quelle che riguardano il piede e che, nei casi più gravi, possono portare fino all’amputazione. Il piede diabetico infatti si caratterizza per la presenza di ulcerazioni spesso complicate da infezioni cutanee che, se evolvono in gangrena, rendono l’amputazione l’unica soluzione terapeutica possibile. I dati fotografano una realtà preoccupante: dal 2000 al 2007 la media annua in Italia è stata di 13mila amputazioni d’arto, di cui il 58%per piede diabetico, il che significa che il numero di amputazioni per piede diabetico ogni anno è pari a 7000, di cui 2067 sono quelle che riguardano la gamba o la coscia.


I numeri sono allarmanti: il 15% dei diabetici che ha un’ulcera al piede andrà incontro ad amputazione, il 50% degli amputati subirà entro 5 anni una seconda amputazione e la metà degli amputati ha un elevatissimo rischio di morte entro i successivi 3 anni. Eppure il piede diabetico si può prevenire e, quando insorge, può essere adeguatamente curato, scongiurando l’extrema  ratio dell’amputazione. Purtroppo il paziente spesso non si rende conto di quali siano i rischi e quando si accosta alle cure ormai è troppo tardi, come spiega il dottor Enrico Brocco, responsabile dell’Unità operativa per il trattamento del piede diabetico del Policlinico di Abano Terme.

La principale causa per cui un diabetico non si accorge di avere un’ulcera al piede è la neuropatia sensitiva, una progressiva perdita di sensibilità ai piedi, a causa della quale il soggetto non si accorge di essersi provocato delle ferite, che quindi vengono trascurate. Su un’ulcerazione cutanea non curata il più delle volte insorgono infezioni e se il piede è ischemico, cioè non ben vascolarizzato dal punto di vista arterioso, le infezioni si trasformano presto in gangrena”.

L’amputazione è spesso l’inizio di un rapido peggioramento sia fisico che psicologico, dal quale il paziente non si riprende più. Tra le persone più anziane non sono pochi coloro che pur di non vedersi amputare il piede ormai in gangrena a causa della malattia preferiscono morire.

“Da un punto di vista psicologico i dati dimostrano che, in generale, i pazienti affetti da piede diabetico presentano forme di depressione – aggiunge il dottor Brocco –  Il procedere della patologia con amputazioni minori e soprattutto maggiori, sopra la caviglia, può comportare un aggravio dello stadio depressivo e una riduzione della qualità della vita e dell’autosufficienza del malato. Naturalmente è possibile pensare a una riabilitazione con l’utilizzo di protesi ma nei soggetti più anziani, sopra i 70 anni, vi sono dati che evidenziano che più del 75% non ricomincia più a camminare”.

Ridurre il numero di amputazioni è dunque un obiettivo fondamentale per la cura del paziente diabetico e oggi esistono nuove tecniche terapeutiche in grado di trattare l’ulcerazione cutanea dai primi stadi fino alle forme più gravi. Una speranza arriva dal Policlinico di Abano Terme, dove un’équipe multidisciplinare di diabetologi e chirurghi ha messo a punto una tecnica di rivascolarizzazione del piede diabetico, associata a tecniche chirurgiche di demolizione minimale e ricostruzione tissutale di avanguardia standardizzate a livello mondiale, arrivando a salvare dall’amputazione fino al 95% dei pazienti.

“Da circa due anni stiamo applicando una tecnica di rivascolarizzazione totale del piede, una sorta di angioplastica, in cui si cerca di portare alla pervietà tutti  i vasi che scendono al piede. La tecnica prevede la riapertura fini alle arterie presenti nel piede, mediante l’inserimento di fili guida, di nichel-titanio o altri materiali biocompatibili, sui quali sono fatti scorrere micro palloncini che dilatano le arterie nel punto ostruito, ripristinando il flusso sanguigno. L’inserimento dei fili-guida avviene mediante un piccolo foro sull’arteria femorale a livello dell’inguine. Con questa procedura, associata alle tecniche chirurgiche di salvataggio dell’appoggio plantare, nel solo 2010, hanno evitato l’amputazione maggiore circa 1200 pazienti, la maggior parte ha avuto una restitutio ad integrum o quanto meno un’amputazione minore e la possibilità di camminare”.

Obiettivo di qualsiasi intervento chirurgico nel piede diabetico è quello di ottenere un piede guarito e nello stesso tempo in grado di permettere una deambulazione il più possibile priva del rischio di sviluppare ulteriori lesioni.

“In alcuni casi di amputazione dell’avampiede, quando non è possibile portare a guarigione diretta la ferita chirurgica, si ricorre alla ricostruzione dei tessuti e quindi di un più esteso appoggio plantare mediante l’innesto di sostituti dermici artificiali, che ricostruiscono artificialmente il fondo della cute su cui si potrà procedere con gli innesti e successivamente con la copertura dei tessuti utilizzando cute autologa, prelevata cioè dal paziente stesso. Le tecniche a disposizione per curare le ulcerazioni sono diverse. Al momento si applica la terapia a pressione negativa (NPWT) sulle lesioni in via di guarigione o in cui sia necessaria la ricostruzione dei tessuti del piede, attraverso l’applicazione di una pressione sub-atmosferica controllata direttamente sul letto di ferita. Sono allo studio nuove tecniche terapeutiche come i fattori di crescita con effetti rigenerativi e antinfiammatori, che sfruttano le proprietà di alcune cellule componenti del sangue, le piastrine, in grado di rigenerare e rinforzare i tessuti danneggiati o infiammati, senza effetti collaterali oppure le terapie con cute prelevata da donatori e trattata: tutte tecniche che sono allo studio presso i centri di ricerca”. 

L’84% dei diabetici amputati ha avuto come causa dell’amputazione un’ulcera del piede aggravatasi nel tempo. È evidente quindi che se si vuole ridurre il numero delle amputazioni è necessario migliorare la capacità di curare efficacemente e precocemente l’ulcera.

“Le persone diabetiche che non hanno mai avuto lesioni – spiega il diabetologo – devono sottoporsi a controlli annuali, mentre i pazienti che hanno avuto pregresse ulcerazioni hanno bisogno di controlli trimestrali o semestrali. Le ulcerazioni devono essere trattate precocemente in modo da evitare che una piccola lesione possa diventare una ferita profonda che coinvolga l’osso e richieda l’intervento chirurgico. Questo è il modo migliore per evitare le amputazioni. Qualora si arrivi a situazioni di evoluzione della lesione tale per cui è necessario l’intervento chirurgico, è importante avere conoscenze di biomeccanica del piede e di ricostruzione chirurgica per poter procedere a una minore amputazione possibile e ad una restitutio ad integrum dei tessuti del piede”.

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