La Pediatria italiana rischia grosso: le regioni vogliono ridimensionarla nel prossimo patto della salute

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La Fimp indignata per il tentativo di ridimensionare le cure pediatriche al solo periodo 0-6 anni.

Giuseppe Mele: “un attacco alla famiglia ed alla professione medico-pediatrica”

Avete un bambino ammalato? Se ha più di sei anni non andrà più dal pediatra, ma dal medico di base. Il pediatra di famiglia? Così come lo conosciamo è destinato ad essere ridimensionato, quasi a sparire. Questo almeno è ciò che hanno in mente i direttori generali delle Regioni, che in tal senso hanno presentato una proposta che fa parte della bozza di Riordino delle cure primarie.

Ipotesi inquietante verso la quale la reazione preoccupata dei pediatri italiani è immediatamente arrivata attraverso le parole di Giuseppe Mele, presidente della FIMP, la Federazione dei pediatri di libera scelta: “Quella che abbiamo avuto modo di leggere è una bozza che ci ha lasciato senza parole. Se sarà confermata ci sembra il progetto senza attenzione verso i cittadini di chi vuole smantellare il modello della pediatria italiana come assistenza primaria per i soggetti da 0 a 14 anni, un sistema apprezzato e studiato in tutto il mondo come esempio di efficacia ed efficienza. Un progetto che ci sembra risponda più che altro alla necessità di coprire gli errori di programmazione compiuti da altri attori del sistema della salute, in particolare dalle scuole di pediatria”.

Il documento è stato realizzato dai Direttori Generali degli Assessorati alla Sanità come base programmatica per discutere del nuovo Patto della Salute, che dovrà essere siglato di concerto tra Ministero e Regioni entro il 30 aprile prossimo. Il testo incriminato recita: “L’assistenza della Pediatria di libera scelta non è garantita in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Numerose aree del territorio nazionale soffrono di una carenza di pediatri e le regioni sono costrette ad incrementare significativamente il numero dei minori in carico ai PLS. Vanno quindi modificate le norme convenzionali che regolano i parametri relativi agli assistiti in carico, prevedendo di assegnare ai PLS unicamente i bambini da 0 a 6 anni, prevedendo incrementi di massimale solo in questa fascia di età, e trasferire gli assistiti al compimento del settimo anno, ai MMG”.

 

Un’ipotesi che contrasta con i convincimenti di tutta la comunità scientifica internazionale, concorde da decenni nel ritenere inamovibile il principio che l’età pediatrica va da zero a 14 anni. Una proposta priva di motivazioni economiche, complessa da realizzare anche per i massimali dei MMG, farraginosa nella sua sostenibilità; ipotesi che i direttori generali dovranno sostenere nei prossimi mesi, ben sapendo che non è condivisa da tutte le regioni ed anzi ha già provocato più di un malumore a stento tenuto sotto traccia.

 

E allora? Quale può essere la via d’uscita? “Siamo certi che questa ipotesi non sarà condivisa da chi è veramente attento al sistema sanitario italiano ed alla sua efficacia”, ha dichiarato Giuseppe Mele. “Viviamo le proposte del documento come un attacco alla famiglia, che si vede scippare lo specialista di riferimento ed alla professione medico-pediatrica perché le peculiarità pediatriche non possono essere rimpiazzate da un pur ottimale intervento del medico di medicina generale. Ma per non rischiare di fare una battaglia basata solo sull’indignazione del momento – che è enorme in tutti i pediatri italiani – dichiariamo che lavoreremo e presenteremo in tempi brevissimi un documento tecnico in cui le nostre proposte e risposte saranno esplicitate, rivedendo e riscrivendo i livelli organizzativi in termini di massimali e di copertura territoriale”.

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