Parkinson: studio ufficializza efficacia pacemaker

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Un pacemaker che non stimola il cuore, ma il cervello ed è alleato dei malati di Parkinson: serve a controllare i movimenti involontari scatenati dai farmaci somministrati per questa patologia (in gergo medico discinesia). La tecnica si basa su una stimolazione cerebrale profonda che aiuta il paziente a controllare i sintomi della malattia.

Oggi uno studio ne conferma i benefici, misurando anche quanto tempo passa fra un episodio di discinesia e quello successivo, nell’arco di tre mesi. Si tratta del primo studio controllato sulla stimolazione cerebrale profonda (Dbs) per il trattamento della malattia del Parkinson, realizzato da St. Jude Medical, e pubblicato da ‘Lancet Neurology’.
Obiettivo della ricerca: valutare i sistemi di stimolazione e misurarne l’efficacia nella gestione dei sintomi del Parkinson. I ricercatori hanno coinvolto 15 centri negli Stati Uniti, e arruolato 136 pazienti (con Parkinson in media da almeno 5 anni e con 6 o più ore di scarso controllo dei sintomi motori), per una valutazione comparativa di persone sottoposte a impianto di stimolazione cerebrale profonda con e senza stimolazione.

I risultati dimostrano come i partecipanti al gruppo di stimolazione abbiano mediamente registrato un incremento di 4,27 ore di vita ‘libera dai movimenti involontari’, contro un aumento di 1,77 ore dei pazienti curati senza stimolazione. Gli esperti hanno anche rilevato un miglioramento complessivo della qualità della vita.
“I dati di questo studio – afferma Michael S. Okun, direttore amministrativo dell’università della Florida e principale autore dell’articolo – rappresentano l’evoluzione dell’approccio al trattamento con stimolazione cerebrale profonda e forniscono nuovi elementi di prova degli effetti positivi”. Il lavoro ha registrato anche altri risultati: i pazienti trattati con la stimolazione hanno ottenuto un tasso di risposta positiva (almeno due ore senza discinesia) pari al 73%, rispetto a un tasso di risposta del 38% del gruppo di pazienti senza stimolazione; il punteggio della scala ‘UPDRS’, parte motoria, è aumentato del 38% nei pazienti sottoposti a stimolazione e c’è stata una diminuzione statisticamente significativa nella quantità di farmaci necessari per il controllo dei sintomi da Parkinson nel gruppo trattato con stimolazione rispetto al gruppo senza stimolazione. (ADNKRONOS)

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