Morbo di Crohn: duecento mila italiani con lo stomaco in fiamme, fino al 40% imputabile alla malattia

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Sono 200 mila gli italiani colpiti dalle malattie infiammatorie croniche intestinali (Mici), il 30-40% è affetto dalla malattia di Crohn. Questo gruppo di patologie sono caratterizzate dalla presenza di un’infiammazione cronica a livello dell’apparato digerente. morbo_crohnLe attuali conoscenze scientifiche suggeriscono che un ruolo chiave nella patogenesi delle Mici sia giocato da complesse interazioni di fattori genetici ed ambientali. A fare il punto sulle nuove frontiere della cura e dell’approccio ai pazienti saranno oggi a Roma gli esperti riuniti per il primo workshop di economia e farmaci dedicato a queste malattie (Wef-Ibd 2013) all’università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

“Le scorse edizioni dell’evento – afferma Antonio Gasbarrini ordinario di gastroenterologia all’università Cattolica di Roma e tra i promotori del convegno – hanno prodotto risultati scientifici di alto valore aggiunto anche per le istituzioni. La volontà di ampliare gli orizzonti delle analisi nasce dall’intenzione di proseguire l’esperienza positiva iniziata nel 2011 con le epatiti, nell’interesse del progresso scientifico e soprattutto dei pazienti”.

Secondo gli esperti la terapia standard contro le Mici si basa su farmaci antinfiammatori e antibiotici capaci di indurre la remissione clinica dei sintomi del paziente, ma spesso si rivela inefficace e necessita del ricorso ad intervento chirurgico. Su questo fronte il gruppo di lavoro del Wef-Ibd in tre mesi ha raccolto circa 400 questionari nei centri di eccellenza afferenti alla ricerca, in modo da poter analizzare il reale valore delle terapie biologiche in confronto con la terapia standard. “Secondo le analisi costo-efficacia condotte sulla base di modelli di simulazione i farmaci biologici sono da considerarsi un buon investimento in salute in casi di malattia di Crohn grave”, avverte Matteo Ruggeri, economista sanitario dell’università Cattolica di Roma.[one_fourth last=”no”]

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“Le malattie infiammatorie croniche intestinali, ossia la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa, sono patologie cronico-ricorrenti che interessano prevalentemente i giovani – spiega Nicola Caporaso, ordinario di gastroenterologia all’università Federico II di Napoli – e richiedono un frequente il monitoraggio clinico-strumentale, il trattamento farmacologico pressoché continuo e, non di rado, gli interventi chirurgici. Per questi motivi determinano un notevole peggioramento della qualità della vita e costi sanitari elevati. Da qualche anno – prosegue Caporaso – abbiamo a disposizione trattamenti farmacologici abbastanza efficaci in molti casi, che però sono gravati da costi elevati e necessità di gestione solo in centri altamente qualificati”.

Secondo Salvo Leone, direttore dell’Associazione nazionale per le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (Amici Onlus) “i trattamenti con i farmaci biologici debbano essere resi disponibili quando indicati. Per ottenere questo risultato bisogna puntare su una più efficace organizzazione sanitaria, sulla creazione di un registro nazionale dei portatori di Mici, uniformando – conclude – al livello più alto la diversa offerta sanitaria delle Regioni”.

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