Cancro: screening biennale con acido acetico salva 73 mila vite ogni anno

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Il cancro della cervice uterina è la principale causa di morte per tumori nei Paesi in via di sviluppo. Un sistema di screening veloce, affidabile e semplice, basato sull’uso di acido acetico, sostanza contenuta nell’aceto, potrebbe salve 22 mila vite l’anno in India e 73 mila a livello mondiale. La stima è stata elaborata sulla base dei risultati di uno studio condotto su 150 mila donne indiane in 15 anni, presentati in occasione del congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (Asco) in corso a Chicago, da studiosi del Tata Memorial Hospital di Mumbai.
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Le componenti del campione, donne di 35-64 anni, sono state assegnate in maniera randomizzata a screening biennale con acido acetico (75.360 donne) o a nessun tipo di controllo (76.178), che è purtroppo la situazione in cui versa la maggioranza delle giovani nel Paese. Ebbene, lo screening ha portato a una riduzione di un terzo (-31%) nel tasso di mortalità per tumore del collo dell’utero. “Speriamo che questi risultati – ha commentato Surendra Srinivas Shastri, capo della ricerca – abbiano un risultato sulla riduzione dell’incidenza di questa neoplasia in India e in tutto il mondo. Si tratta di un sistema applicabile su larga scala e utilizzabile da personale sanitario di base. Siamo già al lavoro con le autorità del Paese per far sì che sia garantita la formazione degli operatori e la diffusione di questo screening alle donne”.

Il sistema di screening ‘low cost’ consiste nell’applicare dell’aceto direttamente sul collo dell’utero della donna. Una procedura che può essere eseguita anche da un’infermiera. L’acido che esso contiene fa sì che le eventuali lesioni precancerose diventino bianche, vengano immediatamente ‘scovate’ e prontamente trattate attraverso la crioterapia o altri sistemi. Il ‘classico’ Pap-test, invece, richiede la raccolta di un campione di tessuto dalla cervice uterina, che viene poi analizzato dal patologo. Una tecnica che nei Paesi in via di sviluppo viene spesso applicata in centri e laboratori non di qualità, che per ottenere i risultati impiegano settimane: se la paziente risiede in una zona lontana dalla struttura sanitaria, potrebbe anche non ricevere mai il responso.

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