Metilazione DNA: implicata nell’insorgenza dell’Alzheimer

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Scienziati trovano che nei primi, precoci cambiamenti nel cervello legati all’Alzheimer vi sia coinvolta la metilazione del DNA.

Secondo una nuova ricerca, dietro all’Alzheimer potrebbe esserci la metilazione del Dna.
La metilazione del DNA, nient’altro è che un’alterazione biochimica dei cosiddetti mattoni del DNA. Ed è anche uno dei marcatori che indicano se il DNA è aperto e biologicamente attivo in una determinata regione del genoma umano.metilazione_dna
Ora, un nuovo, primo studio condotto su larga scala utilizzando l’Epigenome-Wide Association Studies (EWAS) ha osservato le modifiche cromosomiche in relazione al cervello e alla malattia di Alzheimer. I risultati, pubblicati su Nature Neuroscience, hanno rivelato che nei primi, precoci cambiamenti nel cervello legati all’Alzheimer vi è coinvolta proprio la metilazione del DNA.

A condurre lo studio sono stati i ricercatori del Brigham and Women’s Hospital (BWH) e del Rush University Medical Center, coordinati dal dott. Philip L. De Jager – Program in Translational Neuropsychiatric Genomics, presso il BWH Departments of Neurology and Psychiatry.

«Il nostro approccio di studio ci può aiutare a comprendere meglio l’impatto biologico dei fattori di rischio ambientali e da esperienze di vita sulla malattia di Alzheimer – spiega De Jager – Ci sono alcuni vantaggi nello studio dell’epigenoma, oppure dei cambiamenti chimici che si verificano nel DNA. L’epigenoma è malleabile e può ospitare tracce di situazioni di vita (come il fumo, la depressione e la menopausa) che influenzano la suscettibilità alle malattie e che possono influenzare la suscettibilità alla malattia di Alzheimer e altre malattie».

Le conclusioni degli scienziati giungono dopo che sono stati analizzati campioni provenienti da 708 cervelli. Un’analisi che ha permesso di scoprire livelli di metilazione correlati con la malattia di Alzheimer in 71 su 415.848 marcatori CpG analizzati. Questi marcatori sono un paio di blocchi di DNA costituiti da una citosina e una guanina nucleotide che si trovano l’uno accanto all’altra. Questi 71 marcatori sono stati trovati nei geni ANK1 e RHBDF2, così come ABCA7 e BIN1 che sono conosciuti per le varianti di suscettibilità della malattia di Alzheimer.

Inoltre, l’indagine su queste associazioni in CpG ha rivelato i geni vicini la cui espressione dell’RNA è stata alterata nei campioni di cervello con malattia di Alzheimer: ANK1, CDH23, DIP2A, RHBDF2, RPL13, RNF34, SERPINF1 e SERPINF2. Questo suggerisce che le associazioni in CpG permettono di identificare i geni la cui funzione è alterata nella malattia di Alzheimer.

«Poiché questi effetti si trovano anche nel sottogruppo di soggetti che non sono cognitivamente compromessi al momento della morte – sottolinea il dott. De Jager – sembra che questi cambiamenti nella metilazione del DNA possono giocare un ruolo nell’insorgenza della malattia di Alzheimer».
«Inoltre, il nostro lavoro ha permesso di identificare le regioni del genoma umano che sono alterate nel corso della vita in un modo che è associato con la malattia di Alzheimer. Ciò può fornire indizi per il trattamento della malattia con farmaci che influenzano la funzione epigenetica», conclude De Jager.

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