L’aspirina potrebbe ostacolare le metastasi: osservato il meccanismo nei topi Una scoperta che apre la strada a nuove terapie

ARHGEF1-Antibody-Immunocytochemistry-Immunofluorescence-NBP1-82843-img0011

È noto che le persone affette da tumore che assumono regolarmente aspirina presentano un numero inferiore di metastasi rispetto a chi non fa uso di questo farmaco. Tuttavia, il motivo di questo fenomeno è rimasto sconosciuto fino a poco tempo fa. Ora, un team di ricercatori dell’Università di Cambridge, nel Regno Unito, ha osservato il meccanismo in azione nei topi e ne ha ricostruito il funzionamento in uno studio pubblicato sulla rivista Nature.

Alla ricerca hanno contribuito anche scienziati italiani dell’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara e dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, vicino a Milano.

I risultati ottenuti potrebbero aprire la strada allo sviluppo di terapie più efficaci per contrastare la diffusione delle metastasi, responsabili del 90% dei decessi oncologici. Questo studio, infatti, aiuta a comprendere un fenomeno noto ma finora non spiegato. È risaputo, ad esempio, che l’aspirina riduce la produzione di trombossano A2 (TXA2), una molecola prodotta dalle piastrine per facilitare la coagulazione del sangue. Per questo motivo, il farmaco è comunemente impiegato per prevenire infarti e ictus causati da coaguli che ostruiscono i vasi sanguigni.

I ricercatori, guidati da Rahul Roychoudhuri, hanno scoperto che il TXA2 svolge anche un ruolo chiave nella diffusione delle metastasi. Questo composto attiva una proteina chiamata Arhgef1, che ostacola l’azione delle cellule immunitarie incaricate di riconoscere ed eliminare le cellule tumorali che si separano dal tumore principale.

Gli studiosi hanno dimostrato che, somministrando l’aspirina a topi affetti da melanoma, una forma aggressiva di tumore della pelle, il numero di metastasi si riduce significativamente. Questo avviene perché, in assenza del TXA2, le cellule immunitarie sono più libere di attaccare le cellule tumorali in circolazione. “Quando il cancro inizia a diffondersi, si apre una finestra temporanea in cui le cellule tumorali sono particolarmente vulnerabili all’azione del sistema immunitario”, spiega Roychoudhuri. “Terapie in grado di colpire questo momento critico potrebbero avere un impatto decisivo nella prevenzione delle recidive nei pazienti a rischio”, conclude il ricercatore.