I segreti della memoria “spaziale”: il cervello e l’esplorazione dell’ambiente

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Due nuove ricerche sui ratti chiariscono alcuni processi dei complessi meccanismi alla base della memoria spaziale, facendo luce sui particolari dell’attivazione di alcune cellule in specifiche regioni del cervello durante l’esplorazione dell’ambiente: le cellule di posizione e le cellule griglia, che consentono all’animale di formarsi una mappa neurale dello spazio.

In che modo il cervello interpreta lo spazio, la posizione e il movimento? Due nuovi studi apparsi sulla rivista “Science” (1, 2) chiariscono alcuni particolari dell’attivazione delle cellule di posizione nell’ippocampo e delle cellule griglia nella corteccia entorinale.

Le ricerche svolte finora hanno dimostrato che nei roditori l’ippocampo riveste un ruolo cruciale nell’orientamento spaziale e nell’apprendimento di comportamenti che consentono all’animale di muoversi in modo efficace e di formarsi una “memoria spaziale”. Dal punto di vista neurale, l’informazione che viene elaborata quando un roditore esplora l’ambiente è rappresentata essenzialmente da un picco di attività in un particolare gruppo di neuroni ippocampali costituito da specifiche cellule piramidali, dette cellule di posizione, scoperte nel 1971 da J. O’Keefe e J. Dostrovsky dello University College di Londra.

In esse si verifica un potenziale d’azione se e solo se l’animale si trova un una specifica posizione nello spazio, mentre altri neuroni, chiamati cellule silenti, non mostrano segni di attività. Poiché questo meccanismo di attivazione è estremamente selettivo, si ritiene che lo stabilirsi e il mantenersi di queste risposte di attivazione specifica siano la base neurale dei processi di apprendimento e di memoria dipendenti dall’ippocampo, grazie a una sorta di “mappa neurale dello spazio”.

Una questione è però finora rimasta senza risposta: qual è l’esatto meccanismo all’origine dell’attivazione spaziale delle cellule di posizione? In termini generali, è noto che le cellule piramidali dell’ippocampo ricevono input sinaptici da diversi neuroni e che esiste un valore di soglia che garantisce la selettività della risposta della singola cellula e del successivo segnale di output. In sostanza entrano in gioco due contributi: le caratteristiche degli input che devono essere integrati e le caratteristiche intrinseche di eccitabilità della cellula piramidale.

Per distinguere il contributo dei due fattori, i ricercatori dell’Howard Hughes Medical Institute guidati da Doyun Lee hanno alterato l’eccitabilità delle cellule, senza modificare gli input sinaptici, in alcuni ratti applicando una microcorrente elettrica, di fatto depolarizzando il potenziale di membrana a riposo. Si è poi misurata l’attivazione delle cellule piramidali ippocampali mentre i roditori esploravano l’ambiente. Il risultato è stato sorprendente, perché cellule precedentemente silenti iniziavano a comportarsi come cellule di posizione. Ciò porta a ipotizzare che in questa particolare regione dell’ippocampo esistano dei meccanismi per scegliere di volta in volta quali cellule piramidali debbano essere attivate in uno specifico ambiente.

Il secondo studio, firmato da Julija Krupic del Department of Cell and Developmental Biology dello University College di Londra (UCL), riguarda invece un secondo sistema neurale di memoria e orientamento spaziale dei roditori che fa riferimento alle “cellule griglia” presenti nella corteccia entorinale, scoperte nel 2005 da Torkel Hafting del Centre for the Biology of Memory della Norwegian University of Science and Technology e colleghi.

Grazie al lavoro di Hafting, è ora noto che tali neuroni si attivano secondo schemi riconducibili a reticoli a celle esagonali in rapporto all’esplorazione dell’ambiente da parte dei roditori, come se durante questa attività l’animale avesse suddiviso il piano in cui si è mosso in “piastrelle” mentali geometricamente assimilabili a triangoli equilateri.

Il lavoro di Krupic e colleghi ha confermato sostanzialmente l’attivazione delle cellule griglia secondo schemi esagonali ma ha anche scoperto l’esistenza di molti altri schemi di attivazione con geometria diversa, di cui i primi non sarebbero che un sottoinsieme.

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