Meningite neonatale: Il quesito sul ruolo che gioca l’ossido nitrico

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È stato pubblicato sulla rivista scientifica “American Journal of Pathology” un interessante studio che mette in evidenza il ruolo chiave dell’ossido nitrico nella patogenesi della meningite, anche se non è chiaro se questi svolge un ruolo pro o anti-microbico.

Secondo le stime la meningite neonatale si verifica in 2 neonati su 10.000 nati a termine gravidanza, mentre si verifica in 2 neonati su 1.000 tra quelli prematuri o a basso peso alla nascita, con una prevalenza nei soggetti maschi.
Nel 75% dei casi è provocata da batteri come lo streptococco di Gruppo B, l’Escherichia coli e la Listeria monocytogenes. Ma anche gli enterococchi, l’Haemophilus influenzae tipo b, la Neisseria meningitis, e lo Streptococcus pneumoniae sono ormai stati addotti come cause della meningite neonatale.

La meningite batterica, che causa l’infiammazione delle membrane che rivestono il cervello e il midollo spinale, è spesso fatale, anche se trattata con antibiotici. Nei neonati, la mortalità si verifica dal 25 al 35% di tutti i pazienti, e a lungo termine effetti neurologici e psicologici sono riportati fino al 50% dei sopravvissuti.

Per comprendere il ruolo nell’infezione dell’ossido nitrico sintasi (iNOS) – responsabile della produzione di ossido di azoto – i ricercatori del Childrens Hospital di Los Angeles (Usa) coordinati dal dr. Nemani Prasadarao, hanno condotto uno studio su modello animale.
I neonati topi affetti da meningite neonatale da E. coli K1 sono stati trattati con l’ossido nitrico sintasi e hanno scoperto che l’inibizione dell’ossido di azoto favoriva la produzione di macrofagi che consentivano un maggiore assorbimento e uccisione dei batteri patogeni.
Questo fa presupporre che l’inibizione di questo fattore possa trasformarsi in una via per nuove strategie terapeutiche per il trattamento della meningite neonatale indotta dall’E. coli.
«Comprendere meglio le complesse interazioni tra E. coli K1 e i macrofagi è importante per l’identificazione di nuove strategie interventistiche che possono migliorare i risultati contro questa malattia mortale», ha dichiarato il dr. Prasadarao.
Dal momento che questi studi hanno dimostrato che la prevenzione della produzione di ossido nitrico da parte di E. coli ha anche soppresso la produzione di citochine infiammatorie, l’inibizione di ossido di azoto può essere utilizzata anche come strategia terapeutica per la prevenzione della sepsi. In studi futuri, il dottor Prasdarao e colleghi hanno intenzione di sviluppare piccoli inibitori molecolari che impediscano l’interazione di E. coli con il suo recettore sulle cellule diverse e quindi ridurre la produzione di ossido nitrico.
La Stampa

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