Un più semplice approccio permette di non aspettare che i pazienti manifestino chiari sintomi di demenza

Una nuova definizione dell’Alzheimer che includa gli ultimi sviluppi della ricerca in questo campo e in cui la diagnosi sia basata su marker biologici: è quanto ha proposto un gruppo internazionale di esperti sulla rivista Lancet Neurology.

Nel 2007, l’International Working Group for New Research Criteria for the Diagnosis of AD propose un nuovo paradigma diagnostico per migliorare l’accuratezza della diagnosi precoce della patologia, basata su specifici schemi di cambiamenti della funzione cognitiva e di caratteristiche biologiche.

In questo nuovo Position Paper, lo stesso gruppo guidato da Bruno Dubois dell’ospedale della Salpêtrière, a Parigi, ridefinisce la malattia di Alzheimer (AD) come sindrome clinico-biologica con l’obiettivo di rendere possibile una diagnosi in una fase di sviluppo iniziale.

Invece di richiedere un esame post-mortem per certificare la patologia, la diagnosi può ora essere confermata sulla base di biomarker facilmente identificabili in vita anche in una fase precoce della patologia.

Secondo gli autori, per esempio, contrariamente all’approccio tradizionale, non è più richiesta la presenza di una demenza conclamata. Per contro, i criteri cruciali consistono nel verificarsi di un deficit di memoria episodico (per esempio, nell’apprendimento di una lista di parole) associato alla presenza di almeno un referto positivo tra diverse indagini strumentali come risonanza magnetica nucleare, tomografia a emissione di positroni o analisi del fluido cerebrospinale.

Ciò, oltre a garantire un livello di accuratezza notevole alla prima comparsa dei sintomi della patologia sulla base di un approccio diagnostico semplice, permette, come sottolineato dagli autori, di non aspettare che i pazienti manifestino chiari sintomi di demenza.

“Il valore di queste definizioni verrà verificato soprattutto nei trial clinici dei farmaci progettati per modificare il decorso della malattia”, hanno spiegato gli autori. “I soggetti identificati come asintomatici ma a rischio di AD o come presintomatici potrebbero essere arruolati nelle sperimentazioni con il fine di verificare la possibilità di ritardare l’insorgenza dei segni clinici, mentre i soggetti a cui è stata diagnosticato un Alzheimer nello stadio di predemenza potrebbero essere inclusi in trial per farmaci sviluppati per ritardare la progressione verso gli stadi più gravi. Anche l’uniformità delle definizioni sarà di aiuto nella realizzazione di trial di popolazione e nel confronto dei diversi risultati”.

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