La doppia elica del DNA può assumere una forma alternativa ma funzionale, suggerendo che ci siano più livelli di informazione immagazzinati nel codice genetico

Il DNA ha un alter ego che solitamente resta nascosto, ma che ogni tanto si fa vivo e per breve tempo ne distorce i blocchi costitutivi conferendogli una forma differente. L’inaspettata scoperta è stata fatta da ricercatori dell’Università del Michigan e dell’Università della California a Irvine, che firmanoun articolo pubblicato in anteprima on line da Nature.

Era già noto che il DNA può piegarsi e torcersi a volte in modo singolare, ma nonostante tutto le sue basi restano accoppiate nel modo descritto da James Watson e Francis Crick nel 1953. Grazie a un raffinamento della tecnica di risonanza magnetica, il gruppo diretto da Al-Hashimi è stato però in grado di osservare forme transitorie alternative in cui alcuni “pioli” della spirale classica si separano e riassemblano in strutture stabili differenti dai classici accoppiamenti di basi di Watson-Crick.

“E’ come se si prendesse metà di un gradino di una scala e si girasse in basso la parte che sta in su. In questo modo si può ancora mettere insieme le due metà del gradino ma a questo punto non si ha più un coppia di basi di Watson-Crick, ma quella che a volte è chiamata coppia di Hoogsteen.”

Queste coppie di basi erano già state osservate in doppi filamenti di DNA, ma solo quando la molecola era legata a proteine o farmaci, o quando il DNA era danneggiato. Lo studio mostra invece che anche in circostanze normali, senza influssi esterni, alcune sezioni del DNA tendono a volte a deformarsi in una struttura alternativa, detta stato eccitato.

Dato che le interazioni fra DNA e proteine sono dirette sia dalla sequenza i basi sia dallo stato di flessione della molecola, secondo i ricercatori questi stati eccitati rappresentano un nuovo livello di informazione: “Abbiamo mostrato che la doppia elica del DNA esiste in una forma alternativa, per l’uno per cento del tempo, e che questa forma alternativa è funzionale. Complessivamente questi dati suggeriscono che ci siano più livelli di informazione immagazzinati nel codice genetico”, ha detto Hashim M. Al-Hashimi.

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