Memoria epigenetica delle piante: una nuova scoperta

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L’inattivazione del gene FLC, oggetto delle trasformazioni epigenetiche, dipende dalla lunghezza del periodo invernale


In che modo gli organismi viventi creano una memoria biologica di alcune condizioni variabili – come la qualità del nutrimento o la temperatura – che si possa trasmettere anche alla progenie? Una risposta almeno parziale a questa domanda cruciale viene ora da uno studio dei processi epigenetici condotto presso il Biotechnology and Biological Sciences Research Council (BBSRC) e del John Innes Centre, i cui risultati sono apparsi sulla rivista Nature.

La memoria epigenetica si manifesta in diverse forme, ma la più importante coinvolge gli istoni, le proteine associate ai cromosomi. Gli istoni possono subire particolari modificazioni chimiche che possono influenzare l’espressione dei geni vicini, attivandoli o inattivandoli. Queste modificazioni inoltre possono essere ereditate dalle cellule figlie durante la divisione cellulare e, se vengono comunicate ai gameti, possono passare alla progenie dell’organismo.

Meccanismi simili sono presenti anche nell’essere umano: alcuni studi recenti hanno mostrato come in famiglie che hanno sofferto di una grave denutrizione nella generazione dei nonni, i figli e i nipoti hanno un aumentato rischio di eventi cardiovascolari e di diabete che potrebbe essere spiegato con una memoria epigenetica, ma finora non è stato individuato alcun meccanismo che possa spiegare in modo esauriente in che modo gli individui possano sviluppare una memoria di fattori variabili come la nutrizione.

In quest’ultimo studio, l’attenzione era focalizzata su come le piante “ricordano” la lunghezza del periodo invernale in modo da determinare il periodo di fioritura e far sì che l’impollinazione, lo sviluppo, la dispersione dei semi e la germinazione seguano al momento appropriato.

“Sappiamo già parecchie cose sui geni coinvolti nella fioritura ed è chiaro che qualcosa probabilmente avviene durante l’inverno in grado d’influenzare il momento della fioritura in accordo con la durata della stagione fredda”, ha sottolineato Caroline Dean, che con Martin Howard ha condotto la ricerca.

Utilizzando una combinazione di modellizzazione matematica e di analisi sperimentale il gruppo ha scoperto il sistema grazie al quale un gene denominato FLC viene o completamente attivato o completamente inattivato in ogni cellula di un organismo e nella sua progenie.

Si è trovato, in particolare che quanto più è lungo il periodo freddo, tanto maggiore è la percentuale di cellule che possiedono il gene FLC inattivato stabilmente. La previsione teorica è stata poi verificata sperimentalmente grazie a una tecnica di fluorescenza al microscopio: in effetti le cellule dimostravano di avere un gene FLC o completamente attivo o completamente inattivato.

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