Litio, in grado di ripristinare la neurogenesi in esemplari murini adulti

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I deficit cognitivi associati a numerose patologie possono essere fortemente ridotti grazie al litio, un farmaco già in uso nell’uomo nel trattamento dei disturbi dell’umore. Somministrando la sostanza, infatti, è stata ristabilita la formazione di nuovi neuroni nell’ippocampo, un’area cerebrale che sovrintende ai processi di memoria e di apprendimento, di topi con un analogo murino della sindrome di Down. Se confermato da ulteriori studi, in futuro il risultato potrebbe essere sperimentato sugli esseri umani.

La somministrazione di litio, un farmaco molto usato nel trattamento dei disturbi dell’umore, consente di ristabilire la formazione di nuovi neuroni nell’ippocampo, un’area cerebrale che sovrintende ai processi di memoria e di apprendimento.La scoperta, effettuata su topi di laboratorio , è annunciata sul “Journal of Clinical Investigation” da Laura Gasparini e colleghi dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, e apre la strada a ulteriori studi per verificare se la sostanza possa essere d’aiuto per le persone con questa sindrome.

Coerentemente con il ripristino della neurogenesi ippocampale, i roditori, affetti da una malattia analoga alla sindrome di Down, hanno dimostrato un miglioramento nei test che valutavano le prestazioni in diversi compiti cognitivi e comportamentali, come l’apprendimento contestuale, la memoria spaziale e la discriminazione degli oggetti.

 

La ricerca è partita dalla considerazione che nei mammiferi i nuovi neuroni vengono prodotti nel corso di tutta la vita in due “nicchie neurogeniche”: la zona subventricolare (SVZ) e il giro dentato ippocampale (GD), quest’ultimo noto per il suo ruolo cruciale nei processi cognitivi. A ciò si aggiunge un altro dato fondamentale: i neuroni di nuova formazione sono essenziali per il funzionamento dell’ippocampo perché hanno una maggiore plasticità sinaptica rispetto alle cellule mature preesistenti.

 

Tenendo conto di queste caratteristiche peculiari, si è ipotizzato che nei roditori i neuroni di nuova formazione in fase di maturazione contribuiscano all’elaborazione dell’informazione nel GD e partecipino all’espressione di specifiche forme di apprendimento e formazione dei ricordi dipendenti dall’ippocampo.

D’altra parte, in un’ampia gamma di modelli rilevanti per le malattie neuropsichiatriche come la depressione maggiore, la schizofrenia, l’Alzheimer e i disturbi dello sviluppo neurobiologico, compresi la sindrome dell’X fragile e la sindrome di Down, si osserva un deficit nella neurogenesi. Quest’ultima è perciò un’opportunità finora inesplorata di sviluppare terapie per i deficit cognitivi associati.

In quest’ultima ricerca ad alcuni topi di laboratorio si è riusciti a indurre una proliferazione dei precursori neuronali attraverso l’attivazione farmacologica di uno specifico cammino biochimico, ristabilendo la neurogenesi adulta nel giro dentato ippocampale fino a livelli fisiologici. Il trattamento ha dimostrato d’indurre un recupero della plasticità sinaptica dei neuroni di recente formazione, portando a un notevole miglioramento delle prestazioni nei test: la neurogenesi adulta potrebbe essere perciò essere un bersaglio terapeutico per alleviare i deificit cognitivi nei pazienti con sindrome di Down.

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