Linfoma ALK-positivo, dopo due anni di terapia oltre la metà dei pazienti trattati con Crizotinib è in remissione stabile

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Diagramma del sistema linfatico

Diagramma del sistema linfatico
Diagramma del sistema linfatico

Il 64 per cento dei pazienti non presenta recidiva dopo due anni dall’inizio della terapia: ecco uno dei risultati del trattamento con Crizotinib del linfoma anaplastico a grandi cellule, che colpisce 2 mila persone ogni anno in Europa. Lo studio, partito nel 2010 e coordinato dall’Università di Milano-Bicocca e dall’Ospedale San Gerardo di Monza, è stato condotto in 7 centri in tutto il mondo.

 

Milano, 9 Dicembre 2013 – Il 64 per cento dei pazienti non presenta segni di recidiva a due anni dall’inizio del trattamento, il 63% mantiene la risposta anche dopo tre anni: ecco risultati definitivi sul trattamento di pazienti affetti da linfoma ALK-positivo in fase avanzata con la molecola crizotinib, che inibisce la proteina ALK, la causa del linfoma. I risultati saranno presentati oggi a New Orleans (USA) in sessione semiplenaria al Congresso dell’Associazione Americana di Ematologia.

Lo studio, Crizotinib in advanced, chemoresistant Anaplastic Lymphoma Kinase (ALK)+ lymphoma patients è firmato da Carlo Gambacorti Passerini, professore associato di Ematologia nel Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Milano-Bicocca, diretto dalla professoressa Maria Grazia Valsecchi. Tra i co-autori, anche Cristina Messa, già direttore dell’Unità Operativa di Medicina Nucleare dell’Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza, attualmente rettore dell’Ateneo milanese. Il gruppo, diretto da Gambacorti-Passerini, lavora da alcuni anni alla ricerca preclinica su questo tipo di linfoma e ha già prodotto importanti contributi nella conoscenza di questa patologia. I linfomi ALK+ colpiscono ogni anno circa 2 mila pazienti in Europa.

La terapia

La sperimentazione, multicentrica, indipendente e quindi non sponsorizzata da alcuna azienda farmaceutica, è iniziata nel 2010, su tre pazienti di età compresa tra i 20 e i 26 anni, in fase avanzata di malattia. La sperimentazione è stata successivamente allargata a 11 pazienti di età compresa tra 18 e 55 anni, con una speranza di sopravvivenza che non superava poche settimane di vita.

Degli undici pazienti trattati sia a Monza che in altri centri in Germania, Canada, Belgio e Israele, dieci hanno risposto con riduzione o scomparsa delle lesioni presenti. La terapia ha inoltre evidenziato una risposta soggettiva (scomparsa della febbre, diminuzione o scomparsa dei dolori) già dopo tre/quattro giorni di trattamento, con regressione completa delle lesioni presenti dopo un mese di terapia. Con un follow up medio di oltre trenta mesi appare un comportamento dicotomico: mentre quasi tutti i pazienti rispondono inizialmente,  entro due/tre mesi circa metà dei pazienti sono recidivati e sono morti (tranne uno) entro un mese. In questi pazienti, le ricerche condotte nel laboratorio del professor Gambacorti-Passerini hanno evidenziato la selezione di cellule presentanti ulteriori mutazioni capaci di annullare l’attivitá del farmaco e per le quali sono in studio nuove molecole prodotte nell’Ateneo milanese. Il rimanente 50% dei pazienti ha continuato a rispondere al trattamento indefinitamente, conducendo una vita del tutto normale. La percentuale di pazienti senza segni di recidiva a due anni dall’inizio della terapia è del 64 per cento, e alcuni pazienti hanno superato i tre anni di trattamento.

«Trattandosi di pazienti affetti da una malattia estremamente aggressiva e in fase avanzata – ha detto il professor Gambacorti Passerini – questi risultati sono molto positivi, soprattutto per la loro durata nel tempo. Il trattamento con crizotinib è inoltre gravato da un impatto tossico decisamente inferiore rispetto ai più tradizionali farmaci citotossici e chemioterapici: l’effetto collaterale più frequente è rappresentato da lievi disturbi della visione presenti nei primi mesi di terapia».

I risultati dello studio sono ora in fase di pubblicazione in una importante rivista americana.

Il linfoma ALK-positivo

I Linfomi Anaplastici a Grandi Cellule (ALCL) rappresentano un gruppo di Linfomi non-Hodgkin caratterizzati dall’espressione dell’antigene glicoproteico di superficie CD30/Ki-1. Il meccanismo attraverso il quale la proteina ALK viene sregolata in questa malattia è una traslocazione cromosomica, simile a quella che avviene nella leucemia mieloide cronica, che fonde parte del gene ALK con il gene NPM, producendo così un gene ibrido NPM-ALK. Il linfomi ALK-positivo rappresentano una malattia estremamente aggressiva, con rapida crescita, sintomi sistemici e mortalità elevata. In Italia, ogni anno, si registrano circa 300 e 500 nuovi casi.

Carlo Gambacorti Passerini è professore associato di Medicina Interna presso l’Università di Milano Bicocca, ed è responsabile dell’Unità di Ricerca Clinica dell’Ospedale San Gerardo di Monza. Le sue ricerche sono finanziate dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e dalla Fondazione CARIPLO.

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