Chemioterapia: il successo del trattamento è nella risposta del sistema immunitario

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Studio italiano pubblicato su Nature Medicine: “Le nostre difese giocano un ruolo fondamentale nella risposta alle terapie antitumorali”

Prima degli Anni 60 l’unica soluzione nella lotta al cancro era rappresentata dalla chirurgia. Un approccio fondamentale ancora oggi ma che non aveva la minima efficacia quando il tumore si era diffuso nei tessuti circostanti. Una situazione di impotenza durata sino alla scoperta dei primi chemioterapici. Ora,a distanza di anni, emergono nuovi particolari sul loro funzionamento. Uno su tutti è quello legato sistema immunitario: alcuni farmaci risultano più efficaci se aiutati da una risposta specifica delle nostre cellule di difesa. Ad affermarlo è uno studio italiano, pubblicato sulle pagine di Nature Medicine, ad opera del Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in collaborazione con l’Istituto francese Gustave Roussy di Parigi.

Una battaglia su più fronti
Di passi avanti nella lotta ai tumori ne sono stati fatti tanti. Come testimonia il volume “I numeri del cancro in Italia 2014”, l’annuale documento prodotto dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), le morti per cancro –rispetto a un ventennio fa- sono in netto calo: meno 18% tra gli uomini e meno 10% tra le donne. Risultati importanti frutto di terapie sempre più mirate. Oggi, accanto alla classica chemioterapia, la lotta al cancro passa anche da farmaci capaci di potenziare questo sistema educandolo a distruggere le cellule tumorali. Più le ricerche si fanno sofisticate e più il sistema immunitario sta emergendo come un attore fondamentale nella buona riuscita delle terapie. Un esempio è l’ultimo studio dei ricercatori dell’ISS.

Lo studio
In particolare i ricercatori italo-francesi si sono concentrati sulle antracicline, molecole con cui vengono trattate le pazienti affette da tumore alla mammella. Dalle analisi si è potuto osservare che questi farmaci sono in grado di attivare risposte immuni inducendo nella cellula cancerosa un particolare tipo di morte, denominata apoptosi immunogenica. Questo perché le risposte immunitarie mediate dalle antracicline mimano quelle indotte dai virus. Sarebbe proprio questa sorta di imitazione, spiegano i ricercatori, la chiave di successo della chemioterapia.

Il meccanismo
Come spiega Enrico Proietti, uno degli scienziati dell’ISS, «La cellula tumorale morente invia segnali che allertano il sistema immunitario e attivano una sua risposta specifica che contribuisce all’eliminazione della massa tumorale, vigilando al tempo stesso che la malattia non insorga di nuovo. In questo meccanismo viene ad assumere un ruolo centrale nell’indurre il fenomeno dell’apoptosi immunogenica l’interferon di tipo I (interferon alfa e interferon beta), ovvero quella famiglia di proteine dotate di azione antivirale e antitumorale che sempre più sembrano essenziali nell’allertare e attivare il sistema immunitario».

Le prospettive
I risultati ottenuti aprono ora interessanti prospettive dal punto di vista terapeutico. Aver scoperto il meccanismo d’azione non è pura accademia ma contribuirà a personalizzare le cure. Nelle pazienti non in grado di attivare completamente i diversi circuiti legati al sistema interferon, l’effetto delle antracicline è risultato notevolmente ridotto. Un dato importante in grado di indicare agli oncologi chi risponderà meglio a quel tipo di terapia. Ma le novità non finiscono qui: associando interferon di tipo I al trattamento, alcuni chemioterapici che normalmente non riescono a indurre l’apoptosi immunogenica diventano capaci di farlo. Un modo per potenziare la chemioterapia rendendola più efficace.

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