USA: grazie a terapia genica 12 pazienti tornano a vedere

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Il gene RPE65

Il gene RPE65
Il gene RPE65

Un gruppo di ricercatori della Pennsylvania ha ottenuto tramite l’iniezione di materiale genetico, miglioramenti significativi nelle capacità visive di 12 pazienti sofferenti di un raro difetto ereditario. Cinque di questi pazienti sono italiani. Il risultato fa sperare, scrive il Los Angeles Times, che sia possibile ottenere simili miglioramenti anche presso pazienti che soffrono di retinite pigmentosa e degenerazione maculare, due patologie degenerative della retina piuttosto comuni. Secondo la ricerca pubblicata sul prestigioso quotidiano The Lancet, l’anno scorso, i ricercatori avevano avuto successo con tre pazienti adulti sofferenti di amaurosi congenita di Leber, una rara malattia che colpisce circa 130mila persone nel mondo. Adesso ne hanno curati altri nove fra cui 5 bambini, uno dei quali era quasi completamente cieco. Più giovane il paziente, migliori le capacità di reazione delle sue cellule retinali e migliori i risultati. Il bambino, nove anni, veniva accompagnato ovunque. Oggi con una singola iniezione in un occhio, va in giro in bicicletta nel quartiere.
I risultati sono “incredibili” secondo Stephen Rose, ricercatore della statunitense Foundation Fighting Blindness (Fondazione contro la cecità) che ha sostenuto il lavoro ma non è direttamente coinvolto. “Tutti gli individui del gruppo hanno mostrato miglioramenti e senza effetti collaterali”. L’amaurosi congenita porta progressivamente alla cecità ma gli occhi sono inizialmente sani. Si sa che è provocata da errori in 13 geni differenti. Ma tutti i 12 pazienti avevano un difetto nel gene RPE65, che produce vitamina A necessaria per vedere la luce. Il Children’s Hospital di Filadelfia e l’University of Pennsylvania avevano clonato il gene. La copia “buona” del RPE65 è stata inserita in una versione di un adenovirus umano, che poi è stato introdotto nelle cellule retinali e ha portato il gene mancante nel loro Dna. I ricercatori hanno usato un ago sottile per inserire il preparato nell’occhio peggiore di ogni paziente; in un paio di settimane si sono constatati miglioramenti nella percezione della luce, poi nella visione generale. Proprio come era successo nei cani e nei topi in laboratorio

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