Le capacita’ e strategie del primo virus ereditabile

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HHV-6

HHV-6

Sta suscitando un vespaio di discussioni la capacità del virus HHV-6, l’herpesvirus, in grado di ‘convivere senza fondersi’, attraverso i telomeri, con il materiale genetico cromosomico.
L’herpesvirus umano 6 (HHV-6) – l’agente eziologico dell “sesta malattia”, una patologia esantematica infantile solitamente benigna – infetta quasi il 100 per cento delle persone fin dalla prima infanzia, restando nell’organismo in modo permanente. Ora però un gruppo di ricercatori dell’Università della South Florida diretti da Peter Medveczky ha scoperto che in una piccola percentuale di persone riesce a integrare il proprio DNA nei cromosomi umani.

La scoperta è alquanto sorprendente dato che, per quanto diversi altri herpesvirus possano causare un’infezione permanente, il meccanismo è diverso: il loro DNA si chiude a cerchio e permane all’interno del nucleo cellulare in questa forma, senza inserirsi nei cromosomi.

Nel corso dello studio, descritto in un articolo pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences, i ricercatori hanno anche confermato il sospetto, avanzato anni fa in seguito ad altre ricerche, che l’HHV-6 è in grado di infettare spermatozoi e cellule uovo. Di conseguenza, circa l’uno per cento della popolazione (la stima è stata condotta sulla popolazione statunitense) nasce con il DNA del virus presente in tutte le cellule del corpo. Di fatto HHV-6 è il primo virus che si è dimostrato in grado di trasmettersi in modo funzionale attraverso la linea germinale umana.

Dallo studio è risultato che il sito di inserzione del virus è all’interno dei telomeri, strutture alle estremità dei cromosomi che hanno un ruolo centrale nella regolazione della divisione cellulare e quindi dei processi di invecchiamento e dello sviluppo dei tumori.

Infine, i ricercatori hanno scoperto che il genoma virale integrato nei cromosomi può essere riattivato nella sua forma infettiva. Solitamente la riattivazione del virus – che può dare origine a encefaliti, epatiti, miocarditi e polmoniti, si verifica solo nelle persone gravemente immunodepresse, ma si sono riscontrati, sia pure molto raramente, anche casi in persone sane.

“Ora dobbiamo scoprire se la localizzazione dell’integrazione ha un impatto sulla patologia. E anche se vi sono farmaci che possono provocarne la riattivazione nel pazienti che sono portatori del virus in ogni loro cellula. In tal caso per questi pazienti sarebbe importante evitare quei farmaci”, ha osservato Medveczky.

Ma il problema è ancora più vasto, osservano i ricercatori: le persona che hanno ereditato il virus sono più predisposte ad alcune malattie? In queste persone le proteine virali presenti dalla nascita sono riconosciute come estranee dal sistema immunitario del soggetto o no? E in caso di risposta negativa, si tratta di un vantaggio o uno svantaggio per la salute della persona? E ancora, dato che l’inserzione virale avviene a livello dei telomeri, ciò ha delle conseguenze sulla tendenza cellulare a invecchiare o a degenerare in forma tumorale?

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