Il dolore: l’area del cervello dove il suo ricordo resta

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Scoperte le aree del cervello che conservano, anche per tutta la vita, le emozioni legate alle esperienze dolorose vissute in passato. Una scoperta, opera del gruppo di ricerca dell’universita’ di Torino coordinato dalla dottoressa Tiziana Sacco e dal dottor Benedetto Sacchetti dell’Istituto Nazionale di Neuroscienze, che consente di aprire nuovi scenari per lo studio dei disturbi legati alla sfera emotiva, come i disturbi post-traumatici da stress e le fobie.

La studio del gruppo di lavoro torinese e’ pubblicato sulla rivista internazionale “Science”. Grazie a questo studio sono state identificate nel topo alcune delle strutture cerebrali deputate alla conservazione del contenuto emotivo che gli stimoli acquisiscono con l’esperienza. Si tratta della corteccia secondaria uditiva, visiva e olfattiva, dette anche cortecce sensoriali di “ordine superiore”, vale a dire quelle parti del cervello deputate all’elaborazione degli aspetti piu’ complessi dell’informazione sensoriale. Durante un’esperienza che coinvolge la nostra sfera emotiva, gli stimoli sensoriali che l’accompagnano (odori, suoni e colori) vengono, infatti, associati all’emozione provata in quel momento. I ricercatori hanno osservato che l’attivita’ di queste aree si intensifica in presenza di quegli stimoli sensoriali che in precedenza sono stati associati ad eventi dolorosi. Non compare, invece, alcuna variazione se gli stimoli sensoriali, che colpiscono l’attenzione dell’animale non sono mai stati associati a eventi significativi dal punto di vista emotivo. A conferma di questo i ricercatori hanno verificato che l’assenza dei singoli tratti di corteccia secondaria e’ associata alla perdita del ricordo degli eventi dolorosi avvenuti mesi prima, mentre restano intatte le informazioni sensoriali e il ricordo di quegli stimoli sensoriali non associati ad alcun contenuto emotivo. “Le cortecce sensoriali ‘di ordine superiore’ presenti nel topo – spiega il dottor Benedetto Sacchetti – trovano il loro corrispettivo nel cervello umano, con la differenza che in quest’ultimo hanno una maggiore estensione ed eterogeneita’. Quello che ci aspettiamo e’ che nell’uomo le variazioni dell’attivita’ sensoriale interessino le stesse aree, ma in piu’ punti localizzati. Con queste basi sperimentali – conclude – siamo pronti a procedere con lo studio sull’uomo, che condurremo utilizzando le tecniche di imaging”.
Agi – Salute

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