CCSVI: Zamboni, consensi, studi comprovano validita’ e le prove diventano certezze

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Sì, l’occlusione vascolare che caratterizza la CCSVI (Insufficienza Venosa Cronica Cerebrospinale) è altamente correlata alla sclerosi multipla. Sì, liberare i pazienti affetti da SM dalla strozzatura con l’angioplastica migliora la loro qualità di vita.

Sì, il metodo giusto per eseguire la diagnosi è quello proposto dal gruppo di ricerca di Paolo Zamboni, chirurgo vascolare dell’Università di Ferrara. Dal primo congresso della Società Internazionale per le Malattie Neurovascolari arrivano dati confortanti per l’ipotesi Zamboni, che cioè la CCSVI giochi un ruolo fondamentale nella genesi e sviluppo della SM. Presidente della Società – nata con lo scopo di fornire un supporto pratico alla conoscenza della CCSVI e per sostenere lo studio sul ruolo dei fattori vascolari in altre malattie neurologiche – è lo stesso chirurgo, che però in attesa di risultati chiari, si è unito ai molti medici e ricercatori internazionali riuniti a Bologna per lanciare un appello ai malati: “non interrompete le cure farmacologiche”.

Per quanto riguarda l’associazione tra CCSVI e sclerosi multipla i numeri emersi dal congresso suggeriscono una prevalenza della malformazione vascolare tra i malati di sclerosi multipla rispetto alle persone sane: più del 90% nei primi, solo l’8% nei secondi. Le percentuali arrivano da studi separati e condotti con tecniche invasive (come la venografia transcatetere e l’angio-TAC), considerate il gold standard per la diagnosi di CCSVI ma non applicabili per studi diagnostici su un largo campione della popolazione. Ma anche quando il metodo usato per la diagnosi è meno invasivo, in particolare quello messo a punto da Zamboni (un tipo di ecodoppler), i numeri riportati sono comunque alti: 86% è la prevalenza di diagnosi di CCSVI nello studio multicentrico presentato da Stefano Bastianello dell’Università di Pavia. Studio che in parte ricalca quello lanciato dall’Associazione Italiana Sclerosi Multipla e dalla sua Fondazione, da cui Zamboni si è dimesso, denunciando un difetto nel sistema di formazione dei tecnici che effettueranno le analisi in ecodoppler: troppi e non formati a dovere, con il rischio di compromettere l’attendibilità degli esami stessi. Difetto di cui non soffrirebbe invece lo studio di Bastianello. Ma, anche per questo, in occasione del congresso è stato approvato un documento nel quale si riassumono le linee guida per effettuare la diagnosi di CCSVI, nel tentativo di procedere verso una standardizzazione dell’esame.

Sempre di diagnosi e del possibile meccanismo con cui la CCSVI contribuirebbe ai sintomi della sclerosi multipla, parla lo studio condotto da Zamboni e da Robert Zivadinov dell’Università di Buffalo appena pubblicato su BMC Medicine. La ricerca ha coinvolto un campione di 24 persone, di cui 18 con sclerosi multipla e CCSVI. In questi malati i medici hanno osservato un ridotto flusso sanguigno cerebrale, dipendente dalla malformazione venosa, che, secondo i ricercatori potrebbe essere la causa della degenerazione degli assoni, l’evento che poi porta alla disabilità nei malati.

Una parte importante del convegno è stata poi dedicata a illustrare gli effetti dell’intervento di angioplastica per correggere il difetto venoso nei pazienti con sclerosi multipla. Sebbene non si abbiano ancora dati provenienti da trial clinici randomizzati in cieco (come invece sarà BRAVE DREAMS, il trial promosso dalla regione Emilia Romagna coordinato da Zamboni), gli studi osservazionali presentati suggeriscono che l’intervento di angioplastica correttiva possa avere degli effetti positivi sui malati. É il caso di quello di David Hubbard dell’Università della California di San Diego, che ha osservato un significativo miglioramento delle capacità cognitive dopo l’intervento in venti malati. Mentre Manish Mehta dell’Albany Medical Center di New York ha misurato l’affaticamento cronico e la qualità della vita in 150 pazienti prima e dopo l’angioplastica, riscontrando notevoli miglioramenti.

 

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