L’organizzazione del cervello, sulla base della geometria e della funzionalità

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Una nuova tecnica di brain imaging rivela che l’architettura di base della meravigliosa macchina che dirige l’organismo è  sorprendentemente lineare: una griglia tridimensionale organizzata lungo gli assi cartesiani, con incroci ad angolo retto. Una nuova chiave di lettura per capirne meglio lo sviluppo e scoprire anomalie in diversi disturbi.

UN MOSAICO di enorme complessità, una massa di tessuti in grado di dare vita a pensieri e percezioni, ricordi e sentimenti. Eppure, l’architettura di base del cervello, la macchina che dirige il funzionamento dell’organismo, è sorprendentemente semplice e lineare: una griglia tridimensionale organizzata lungo gli assi cartesiani, con incroci che formano solo angoli retti.

A permettere di guardare con tanta precisione dentro un organo così evoluto – e ancora molto misterioso – è una nuova tecnica di brain imaging, con la quale sono state scattate le immagini più dettagliate finora mai ottenute: una sorta di mappa per leggere il cervello, che rivela una struttura ordinata e precisa, quanto di più lontano da un intreccio indistinto e involuto.

Al contrario, le connessioni all’interno del cervello sono organizzate in base a rigide regole geometriche: “Si tratta di strati bidimensionali di fibre neuronali, sovrapposti gli uni agli altri, che si incrociano ad angolo retto”, ha spiegato Van J. Wedeen, del Massachusetts General Hospital, Harvard Medical School, primo autore dello studio pubblicato su Science 2. E che danno vita ad un tessuto fitto e regolare, duttile come la trama di una stoffa.

Lo studio, parzialmente finanziato dai National Institutes of Health 3 e dal Human Connectome Project 4, mostra la griglia per quello che è: un capolavoro di eleganza e funzionalità.

“Il cervello – spiega la dottoressa Giorgia Silani, responsabile del laboratorio di neuroscienze cognitive sociali ed emozioni della Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa 5) di Trieste – è formato da due tipi diversi di tessuti: la sostanza grigia, formata dal corpo delle cellule nervose, i neuroni, con funzioni specifiche, e la sostanza bianca, formata da lunghe fibre, che rappresenta la parte di collegamento fra i neuroni”.

Finora il problema fondamentale per comprendere forme e traiettorie di queste fibre connettive, considerate molto difficili da afferrare, è stata la scarsa risoluzione delle immagini a disposizione, che non ha permesso di identificare con precisione i diversi incroci. “Ora con questa tecnica più raffinata, che si chiama diffusion spectrum imaging ed è fino a 10 volte più precisa rispetto agli scanner tradizionali, si è riusciti ad osservare la struttura di fondo in modo molto più dettagliato. E quello che si vede è sorprendente: siamo abituati a pensare al cervello come ad una macchina meravigliosa e ci aspettiamo che abbia una complessità incredibile. E invece è tutto molto più lineare”, dice la dottoressa.

Nello studio gli scienziati hanno ‘fotografato’ il cervello di diversi tipi di scimmie e dell’uomo, scoprendo che questa struttura a griglia è comune a entrambi ma nelle specie più complesse – come l’uomo e la scimmia rhesus – c’è una maggiore differenziazione rispetto a quelle più semplici.

La scoperta di Weeden e colleghi offre una nuova chiave di lettura per capire meglio come cresce il cervello. Fin dalle fasi precoci dello sviluppo, le connessioni del cervello si indirizzano su direttrici perpendicolari, in direzione orizzontale, verticale e trasversale. Una struttura che indica la via, proprio come la carreggiata sulla strada, suggerendo corsie preferenziali da seguire durante la crescita. Un vantaggio dal punto di vista evolutivo, spiegano gli autori dello studio: se possono orientarsi solo in quattro direzioni – alto, basso, destra o sinistra – è più facile per le fibre nervose trovare le giuste connessioni.

“Avere dei limiti nella possibilità di distribuirsi permette ai neuroni di collegarsi in modo più efficiente”, conferma Silani. “La griglia geometrica regola così il flusso dell’informazione, che si organizza, appunto, lungo corsie preferenziali, permette di rafforzare quelle più forti e perdere quelle meno usate. Se tutto fosse randomizzato, all’interno del cervello si creerebbe il caos”.

Questa nuova tecnologia potrebbe aiutare anche a rivelare differenze individuali nelle connessioni cerebrali, per favorire una diagnosi e in futuro una terapia per diversi disturbi. “Come nel caso dell’autismo, in cui si ipotizza l’alterazione della connettività fra diverse aree cerebrali”, spiega ancora Silani. “Si potrà comprendere meglio la natura del disturbo, anche se ci vuole sempre cautela per pensare di arrivare ad una cura”, avverte.

Ora sarà interessante scoprire se a questa semplicità dell’organizzazione spaziale ne corrisponde una funzionale, ovvero come l’informazione passa da un nodo all’altro, continua la scienziata. “È un po’ come pensare alle lettere dell’alfabeto: sono poche, ma, combinandosi, permettono di creare una quantità enorme di linguaggi diversi”, conclude.

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