Vaccini: efficacia compromessa da un sonno disturbato

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Se una buona notte di sonno è cruciale per la salute, un nuovo studio dei ricercatori dell’Università della California a San Francisco (Usa) mostra che dormire troppo poco può ridurre l’efficacia dei vaccini. Si tratta del primo lavoro condotto al di fuori di un centro del sonno a dimostrare che la durata del riposo notturno è collegata alla risposta immunitaria al vaccino, spiegano i ricercatori del team di Aric Prather su ‘Sleep’.
“Con il nuovo stile di vita H24, le tecnologie che spingono a essere sempre connessi e più lunghi orari di lavoro, la privazione di sonno è diventata un modo di vivere per molti americani”, sottolinea Prather. “Questi risultati potrebbero aiutare ad aumentare la consapevolezza sulla chiara connessione tra sonno e salute”, aggiunge il ricercatore. Il team ha indagato sul legame tra sonno e risposta al vaccino anti-epatite B in un gruppo di adulti in buona salute.


Il team ha coinvolto 125 persone (fra cui 70 donne) tra i 40 e i 60 anni. Tutti i soggetti erano non fumatori e in buona salute e hanno ricevuto il vaccino in tre dosi. La prima e la seconda dose sono state somministrate a un mese di distanza, seguite da una dose booster a sei mesi. I livelli di anticorpi sono stati misurati prima della seconda e della terza iniezione di vaccino e a sei mesi da quella finale, per capire se i partecipanti avessero sviluppato una risposta clinicamente protettiva.
Tutti i soggetti, nel frattempo, avevano compilato accurati diari del sonno, con dettagli sulle abitudini, sulla durata e sulla qualità del proprio riposo notturno. Inoltre 88 persone hanno indossato dei monitor del sonno per ‘misurare’ l’andamento e la qualità del riposo. Ebbene, chi dorme in media meno di sei ore a notte è risultato meno incline a sviluppare la risposta anticorpale al vaccino, e dunque risulta più a rischio di non essere protetto dal siero, rispetto a chi riposa in media più di 7 ore. La qualità del sonno non influisce, invece, sulla risposta alla vaccinazione. Nel gruppo in totale 18 persone non hanno ottenuto una protezione adeguata dall’immunizzazione, spiegano i ricercatori, sottolineando ancora una volta l’importante ruolo del sonno nella regolazione del sistema immunitario.
Il primo esperimento è stato condotto in un bar francese su 19 persone, uomini e donne. I ricercatori hanno sondato i livelli di ‘autostima’ post-drink nel campione di volontari, ed è risultato che tutti si sentivano tanto più affascinanti quanto più alcol avevano ingerito. I dati sono pubblicati sul ‘Journal of Individual Differences’.
La seconda parte dello studio ha coinvolto 86 giovani maschi, ai quali è stato chiesto di partecipare a un test del gusto per misurare il gradimento di un nuovo drink limone-menta. Un gruppo ha ricevuto una versione alcolica del drink, mentre gli altri la versione alcol-free. E per evitare che un ‘effetto placebo’ potesse condizionare i risultati dell’esperimento, in entrambi i gruppi ad alcuni è stato detto che avevano bevuto un alcolico, ad altri che gli era stato dato un analcolico. Dopo una breve pausa, necessaria per permettere all’eventuale componente alcolica di agire, tutti hanno dovuto registrare un nastro parlando del drink. E’ così emerso che chi pensava di aver assunto alcol, quando in realtà aveva bevuto un drink analcolico, si sentiva molto più attraente rispetto a tutti gli altri che (a torto o a ragione) credevano di non avere ingerito alcol.
Infine, il terzo test. I nastri registrati sono stati sottoposti a un gruppo di studenti universitari, che però non sono sembrati affatto colpiti dal presunto fascino di chi si sentiva irresistibile per essersi sbronzato, o per credere di averlo fatto. Morale: chi pensa di farsi forza bevendo alcol, in realtà si illude.

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