SLA: promettente il risultato di un nuovo trattamento

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Un nuovo approccio nel trattamento della Sclerosi Laterale Amiotrofica è stato sperimentato con successo, superando i test per la sicurezza, dagli scienziati della Washington University School of Medicine di St. Louis e del Massachusetts General Hospital

E’ stato sperimentato per la prima volta un trattamento della SLA che utilizza una tecnica che inattiva un gene mutato che causa la malattia. E lo hanno fatto i ricercatori statunitensi della Washington University School of Medicine di St. Louis e del Massachusetts General Hospital, in uno studio poi pubblicato sulla versione online di Lancet Neurology.
SLA
La SLA, o malattia di Lou Gehrig – il famoso giocatore americano di baseball degli anni ‘30 che morì a causa di questa patologia – è una malattia neurodegenerativa progressiva che attacca le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale, quelle che permettono i movimenti della muscolatura volontaria. I primi sintomi, infatti, sono una progressiva perdita di forza muscolare e la difficoltà nei movimenti volontari. La SLA distrugge i nervi che controllano i muscoli, portando a mano a mano alla paralisi e, infine, alla morte.
Sebbene sia una malattia ancora a eziologia sconosciuta, si ritiene, tra gli altri, che sia causata dalla mutazione di geni. Tra le diverse forme, ve n’è una che è collegata alla mutazione di un gene chiamato SOD1: e questo è stato l’oggetto del nuovo studio e terapia.

Per mezzo di un farmaco introdotto nel sistema nervoso centrale, i ricercatori hanno utilizzato un approccio non era mai stato testato contro una condizione che danneggia le cellule nervose nel cervello e nel midollo spinale.
«Questi risultati – spiega il dottor Timothy Miller, professore di neurologia presso l’Università di Washington e principale autore dello studio – ci permettono di andare avanti nello sviluppo di questo trattamento e suggeriscono altresì che questo è il momento di pensare ad applicare questo stesso approccio ad altri geni mutati che causano disturbi del sistema nervoso centrale».
«Questi – prosegue Miller – potrebbero includere alcune forme della malattia di Alzheimer, il Parkinson, il morbo di Huntington e altre condizioni».

I trattamenti disponibili a oggi sono farmacologici. Tuttavia, gli effetti sono marginali: ecco perché i ricercatori ritengono così importanti le scoperte di questo studio.
La maggior parte dei casi di SLA sono sporadici, spiegano, ma circa il 10 per cento sono legati a mutazioni ereditarie. Fino a ora, gli scienziati hanno identificato variazioni in 10 geni che possono causare la SLA, mentre la ricerca continua.
La mutazione del gene SOD1, oggetto della ricerca, rappresenta il 2 per cento di tutti i casi, ma i ricercatori hanno trovato più di 100 mutazioni nel gene SOD1 che causano la SLA.

«A livello molecolare – sottolinea Miller – queste mutazioni influenzano le proprietà della proteina SOD1 in vari modi, ma tutte portano alla SLA».
Così, anziché cercare di capire come ogni mutazione provochi la SLA, Miller e colleghi si sono concentrati nel bloccare la produzione della proteina SOD1, utilizzando una tecnica chiamata “antisense therapy”.
Poiché, per produrre una proteina, le cellule devono copiare le istruzioni di costruzione dal gene, questa terapia ne blocca il processo, consentendo ai ricercatori di silenziare selettivamente i singoli geni.
«L’antisense therapy è stato considerata e testata per una varietà di disturbi nel corso degli ultimi decenni – spiega Miller – Per esempio, la FDA ha recentemente approvato una antisense therapy chiamata “Kynamro” per trattare l’ipercolesterolemia familiare, una malattia ereditaria che aumenta i livelli di colesterolo nel sangue».

Dopo una prima fase iniziale in cui è stato testato su modello animale un nuovo farmaco creato dal dottor Miller e colleghi dell’Università della California a San Diego (UCSD), una serie di test clinici sono stati condotti da un gruppo di ospedali, tra cui il Barnes-Jewish Hospital, il Massachusetts General Hospital, il Johns Hopkins Hospital e il Methodist Neurological Institute di Houston.
I medici, in questi test, hanno offerto l’antisense therapy o un placebo a 21 pazienti con SLA correlata al gene SOD1. Il trattamento è consistito di infusioni spinali della durata di 11 ore.

Al termine del tempo prestabilito, gli scienziati non hanno trovato alcuna differenza significativa tra gli effetti collaterali nel gruppo di controllo e nel gruppo trattato con l’antisense therapy.
Per entrambi i gruppi si sono manifestati comuni mal di testa e mal di schiena, che sono spesso entrambi associati con l’infusione spinale.
Subito dopo le infusioni spinali, i ricercatori hanno prelevato campioni di liquido spinale al fine di accertare che il farmaco circolasse nel liquido spinale.

Il prossimo passo, quando si entrerà nella fase II dello studio, i ricercatori aumenteranno il dosaggio del farmaco. Questo servirà per ottimizzare gli effetti sulla riduzione dei livelli presenti di proteina SOD1 e tenere d’occhio gli eventuali effetti collaterali.
«Tutte le informazioni che abbiamo finora suggeriscono che abbassando la SOD1 si è al sicuro – fa notare Miller – In realtà, inibire del tutto la SOD1 nei topi sembra avere poco o nessun effetto. Per cui crediamo che sia OK nei pazienti, ma non lo sapremo con certezza fino a quando non avremo condotto ulteriori studi».

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