Alzheimer: ansiolitici e sonniferi potrebbero facilitarne l’insorgenza

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L’uso di ansiolitici e sonniferi può far venire l’Alzheimer

Un nuovo studio suggerisce che l’uso di farmaci a base di benzodiazepine, per trattare l’ansia e l’insonnia, è associato a un aumento del rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, specie in chi li utilizza per diverso tempo

Attenzione all’uso delle benzodiazepine, perché pare possano far aumentare il rischio di demenza.

I farmaci a base di benzodiazepine sono i più diffusi e prescritti nel trattamento dell’ansia e dei problemi d’insonnia. Tuttavia, non sono esenti da diversi – e spesso pesanti – effetti collaterali. Uno su tutti, l’assuefazione. Ma i rischi non si limitano a questo, secondo un nuovo studio infatti, l’uso di questo genere di farmaci – specie se prolungato – fa aumentare in modo significativo il rischio di sviluppare una malattia devastante come l’Alzheimer.alzheimer

A dare il chi va là agli utilizzatori di benzodiazepine è un nuovo studio pubblicato sul BMJ, il British Medical Journal, che avverte come l’uso ingiustificato a lungo termine debba essere considerato un problema di salute pubblica. E l’emergenza Alzheimer è reale, con circa 36 milioni di persone che in tutto il mondo ne soffrono – e le cifre sono destinate ad aumentare drammaticamente.

Gli scienziati, alla continua ricerca di una causa e di una cura, hanno preso in esame l’identificato aumento del rischio di demenza associato all’uso di benzodiazepine, dato che la natura di questa associazione, causale o meno, rimane poco chiara.
Per questo motivo un team internazionale di ricercatori francesi e canadesi hanno voluto indagare sul rapporto tra il rischio di esposizione alle benzodiazepine e la malattia di Alzheimer, focalizzandosi su una potenziale relazione dose/risposta e sul periodo di tempo di utilizzo.

Per far ciò, i ricercatori hanno utilizzato dati provenienti dal Quebec health insurance program database (RAMQ) al fine di rintracciare lo sviluppo della malattia di Alzheimer in un campione di anziani che vivono in Quebec (Canada) a cui erano stati prescritti farmaci a base di benzodiazepine.
Durante un periodo di almeno 6 anni, gli autori hanno identificato 1.796 casi di malattia di Alzheimer. Hanno poi confrontato ogni caso con 7.184 persone sane abbinate per età, sesso e durata del follow-up. I risultati hanno mostrato che l’uso in passato di benzodiazepine, per tre mesi o più, è stato associato a un aumento fino al 51% del rischio di Alzheimer. E per più tempo si assumevano questi farmaci, più aumentava l’associazione. Infine, gli ulteriori aggiustamenti per i sintomi che potrebbero indicare l’inizio di demenza, come i disturbi d’ansia, depressione o di sonno, non ha alterato significativamente i risultati.

Secondo gli autori, questo ampio studio caso-controllo, dimostra che l’uso di benzodiazepine è associato a un aumentato rischio di malattia di Alzheimer. Tuttavia, sottolineano che la natura del legame non è ancora definitiva, ma l’associazione più forte osservata con le esposizioni a lungo termine «rafforza il sospetto di una possibile associazione diretta, anche se l’uso di benzodiazepine potrebbe anche essere un marker precoce di una condizione associata a un aumento del rischio di demenza».

Lungi dal criminalizzare le benzodiazepine, i ricercatori ricordano che queste sostanze sono «strumenti indiscutibilmente preziosi per la gestione dei disturbi d’ansia e l’insonnia transitoria. Tuttavia, i trattamenti dovrebbero essere di breve durata e non superiori ai tre mesi».
Questi risultati, sono di «grande importanza per la salute pubblica, soprattutto considerando la prevalenza e la cronicità dell’uso di benzodiazepine nelle popolazioni anziane e l’elevata e crescente incidenza della demenza nei Paesi sviluppati», concludono gli autori.
Meglio dunque non eccedere nell’uso e utilizzare questi farmaci soltanto se strettamente indispensabile.

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