Le piante, analizzando l’espressione genetica, si stanno adattando a livelli più alti di CO2

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Una ricerca in parte sostenuta attraverso il progetto EXPEER, finanziato dall’UE, ha scoperto che le piante si stanno adattando sempre di più all’aumento dell’anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera, il che potrebbe avere importanti implicazioni per la sicurezza alimentare e la conservazione della natura a livello globale.

L’espressione genetica indica che le piante si stanno adattando a livelli di CO2 più alti

La ricerca, condotta dall’Università di Southampton, Regno Unito, e pubblicata recentemente sulla rivista “Global Change Biology”, mostra che quando le piante sono esposte a elevate emissioni di CO2, l’espressione genetica è alterata, indicando che i cambiamenti della regolazione genetica potrebbero essere un meccanismo evidente che riguarda l’adattamento a livelli elevati di CO2.

Benefici a breve termine dell’aumento di CO2

Con l’aumento dei livelli di CO2 atmosferico (le emissioni sono aumentate più rapidamente a partire dal 2000, rispetto all’ultimo decennio del secolo scorso, e la concentrazione di CO2 ha raggiunto 400 ppm per la prima volta nel 2013), l’impatto a breve termine sulle piante può essere descritto come relativamente positivo, perché fa aumentare la fotosintesi e la crescita della pianta, compresa la crescita delle coltivazioni e la produzione alimentare. Negli ultimi decenni in effetti la Terra è diventata più verde perché la crescita della vegetazione è stata stimolata dall’aumento di CO2.

L’impatto a lungo termine dei livelli più alti di CO2 atmosferico sulla vita delle piante è tuttavia ancora dibattuto in ambito scientifico. “Finora sono state raccolte poche informazioni sugli impatti a lungo termine dell’aumento di CO2 per più generazioni, e non è stato condotto alcuno studio sulla firma molecolare alla base di tale adattamento,” ha commentato l’autore principale dello studio, la professoressa Gail Taylor dell’Università di Southampton. “Uno dei motivi è che è difficile trovare piante che sono state esposte alle condizioni del futuro, ma che sono disponibili oggi.”

Per studiare più a fondo la questione, il team di ricerca ha usato una risorsa unica – delle sorgenti in cui il CO2 è naturalmente alto e dove le piante sono state esposte a più CO2 per molte centinaia di anni e diverse generazioni di piante. Quando sono state esaminate le piante di plantago lanceolata in un sito di questo tipo a Bossoleto, Italia, e ne è stata confrontata la firma molecolare con le stesse piante di un sito “di controllo” vicino (con livelli di CO2 odierni) sono state rilevate differenze impressionanti nell’espressione genetica totale (il processo per mezzo del quale i geni sono attivati per produrre una proteina necessaria).

“Lo studio dimostra che quando prendiamo piante di questi due luoghi, che rappresentano l’atmosfera di oggi rispetto a quella del futuro (fino al 2100), e le mettiamo nello stesso ambiente, le piante dei siti con sorgenti di CO2 sono più grandi e hanno migliori tassi di fotosintesi,” ha detto la prof.ssa Taylor. “Ma soprattutto, le piante dei siti sorgente mostrano differenze nell’espressione di centinaia di geni.”

La prof.ssa Taylor e il suo team prevedono, sulla base dei dati sull’espressione genetica in loro possesso, che il verde del pianeta continuerà a crescere. “Non si fermerà e non si acclimaterà man mano che il CO2 continuerà ad aumentare, ma una parte del carbonio in più nelle piante del futuro probabilmente confluirà in sostanze chimiche secondarie per la difesa della pianta. Questo è associato a una maggiore espressione genetica riguardante la respirazione della pianta.”

Impatto sui pori stomatali

Una delle scoperte più interessanti della ricerca è stata che i pori stomatali sulla superficie della foglia (piccoli fori che controllano l’assorbimento di CO2 per la fotosintesi e la perdita di vapore acqueo) aumentano di numero dopo un’esposizione multi-generazionale al CO2 del futuro. Il team aveva previsto che il numero di pori sarebbe diminuito, in linea con ricerche svolte in passato su tempi geologici usando piante fossili.

La prof.ssa Taylor ha aggiunto: “Si tratta di una scoperta contro intuitiva ma che suggerisce con forza che il numero di pori stomatali aumenta, abbiamo infatti identificato diversi regolatori del numero di pori stomatali che sono sensibili ad alti livelli di CO2. Uno di questi è SCREAM (SCRM2), che è un membro della famiglia di proteine elica-ansa-elica di base (bHLH) e agisce per regolare le transizioni evolutive della pianta.”

Ammette che le conseguenze complete di questo cambiamento evolutivo non si conoscono ancora bene ma questo mostra che le piante si adatteranno in modi imprevedibili ai livelli di CO2 del futuro nel corso di molte generazioni. Si tratta di una questione importante da affrontare, perché è fondamentale sapere come potrebbero evolversi le coltivazioni alimentari nelle generazioni future a causa del cambiamento climatico e se l’aumento del verde del pianeta continuerà e conoscere gli impatti di questo fenomeno per la conservazione della natura globale.

Oltre a essere in parte finanziata attraverso il progetto FP7 EXPEER (Distributed Infrastructure for EXPErimentation in Ecosystem Research), che si è concluso a maggio 2015, la ricerca ha ricevuto un sostegno anche da parte del British Council e dal National Environment Resource Council (NERC) nel Regno Unito.

Per maggiori informazioni, consultare:
Sito web del progetto EXPEER

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