Orlando, 29 mag – Sono promettenti i risultati della sperimentazione di una nuova arma intelligente contro un tumore killer per i bambini. Grazie a un trial di fase III, infatti, i ricercatori americani dell’University of California a San Diego hanno dimostrato che un’immunoterapia a base di un anticorpo-chimera riduce il rischio di ricadute e migliora del 20% la sopravvivenza dei piccoli con neuroblastoma, un tumore del sistema nervoso difficile da trattare, che colpisce i bambini. La notizia arriva dal team di Alice Yu, ematologa-oncologa dell’Ucsd, intervenuta al meeting dell’Asco (American Society of Clinical Oncology), che si apre oggi a Orlando (Florida).
“Nonostante il ricorso a una terapia aggressiva – spiega Yu – il neuroblastoma spesso si ripresenta dopo l’intervento. E molti pazienti ancora oggi non sopravvivono. Per noi è eccitante avere una nuova opzione terapeutica contro questa malattia. E speriamo di rendere presto disponibile questa immunoterapia per altri bimbi con neuroblastoma”. Nel caso di un tumore ad alto rischio, oggi si interviene con chirurgia, chemio abbinata al prelievo di cellule staminali (inoculate dopo la cura per ripopolare sangue e sistema immunitario) e radioterapia.

Nonostante tutto, però, solo il 30% dei malati sopravvive. Il team della Yu ha sperimentato il ch14.18, un anticorpo-chimera mirato a colpire il glicolipide GD2 sulle cellule del neuroblastoma. Il bersaglio è un’arma segreta usata dal cancro per impedire al sistema immunitario di attaccare le cellule tumorali. Una specie di ‘incantatore’ di serpenti, che inganna le difese dell’organismo.

L’anticorpo imbavaglia e benda il GD2, provocando così l’attacco incrociato di diversi tipi di cellule immunitarie, che però vanno a bersagliare solo quelle cancerose. I ricercatori, dati alla mano, hanno confrontato la sopravvivenza senza ricadute e quella generale in 113 pazienti con recente diagnosi di neuroblastoma ad alto rischio, che hanno sperimentato l’anticorpo-chimera abbinato alle cure standard, con quella di 113 malati simili, trattati solo con l’approccio aggressivo tradizionale.


Dopo due anni la sopravvivenza senza ricadute è stata del 66% nel primo gruppo contro il 46% nel secondo. E quella generale dell’86% nel primo contro il 75% del secondo. Risultati giudicati “molto promettenti” dai ricercatori. Fra gli effetti collaterali più comuni del possibile nuovo medicinale, dolore (21%) e reazioni allergiche (7,2%).

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