La teoria della memoria messa in discussione da nuovi studi

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Alcuni scienziati britannici e tedeschi – mediante l’osservazione di pazienti affetti da patologie legate alla memoria – hanno scoperto che una parte del cervello tradizionalmente associata alla memoria a lungo termine potrebbe essere rilevante anche per quella a breve termine.

Ippocampo
Ippocampo
I ricercatori ritengono che i risultati ottenuti dimostrino la necessità di ripensare le ormai accettate differenze funzionali ed anatomiche tra memoria a breve e lungo termine.


Lo studio è stato dedicato in modo particolare all’ippocampo, un’area del cervello nota per il ruolo rivestito in riferimento alla memoria a lungo termine, alla memoria spaziale e all’orientamento. È inoltre una delle prime aree ad essere colpite dal morbo di Alzheimer, i cui sintomi sono appunto problemi di memoria e disorientamento.



Per valutare la correlazione tra la memoria di lavoro e le relazioni con il pensiero legato a periodi più lunghi, i ricercatori hanno osservato pazienti affetti da epilessia del lobo temporale. Questa patologia causa una disfunzione nell’ippocampo, causando difficoltà per la memoria a lungo termine.

I ricercatori hanno chiesto ai pazienti di osservare e memorizzare le immagini (fotografie) di oggetti quotidiani, come ad esempio le sedie in un soggiorno. Le prestazioni del gruppo sono state valutate a breve distanza dopo aver mostrato le immagini ai pazienti e l’attività cerebrale è stata misurata a intervalli lunghi e brevi.

“La memoria di lavoro consente la memorizzazione nel cervello – sotto forma di rappresentazioni attive – di eventi transitori”, scrivono i ricercatori. “Questa peculiarità permette di adottare comportamenti mirati quali, ad esempio, l’assumere decisioni o imparare ad utilizzare le informazioni al di là della loro disponibilità sensoria transitoria”.

I pazienti non erano in grado di memorizzare la relazione configurale tra i vari oggetti raffigurati nelle immagini loro mostrate, come ad esempio se il tavolo era posto a destra o a sinistra delle sedie. Questo tipo di pensiero richiede l’azione coordinata di diverse aree del cervello, preposte ad attività di tipo visivo e temporale. I pazienti, tuttavia, presentavano già altre problematiche in queste aree del cervello dovute alla sclerosi ippocampale causata dall’epilessia del lobo temporale.

“Come abbiamo anticipato, i pazienti non riuscivano a distinguere le immagini studiate dalle immagini nuove che gli venivano presentate a distanza di 60 minuti, ma la loro attività era nella norma a distanza di 5 secondi”, ha commentato il professor Emrah Duzel dell’University College London (Regno Unito) che ha partecipato allo studio. “Tuttavia, quando è stato chiesto loro – anche a distanza di appena cinque secondi – di ricordare in che posizione esatta si trovavano gli oggetti all’interno delle scene, è stato evidenziato un deficit importante”.

Successivamente i ricercatori hanno chiesto a un gruppo di adulti in buone condizioni di salute di effettuare gli stessi test mentre venivano monitorate le loro onde cerebrali. I risultati dei due gruppi sono poi stati messi a confronto.

Gli scienziati hanno rilevato che l’ippocampo “riveste un ruolo importante sotto il profilo comportamentale e funzionale per la memorizzazione configurale-relazionale, poiché coordina le regioni occipitali e le regioni preposte all’attività temporale nell’intervallo theta”. È stato possibile distinguere questa funzione dell’ippocampo da un processo analogo che sfrutta però altre regioni cerebrali.



Questo significa che ci sono due reti di memoria distinte all’interno del cervello. La regione che funziona in modo indipendente dall’ippocampo rimane intatta anche nei pazienti affetti da patologie a carico di questa regione cerebrale.

“Le osservazioni comportamentali effettuate di recente hanno già messo in discussione la tradizionale distinzione tra memoria a lungo e a breve termine accettata da ormai 50 anni”, ha affermato Nathan Cashdollar, dell’University College London “Si tratta della prima prova funzionale ed anatomica che dimostra quali sono i meccanismi condivisi tra memoria a breve e a lungo termine, e quali meccanismi restano invece indipendenti”.

Per ulteriori informazioni, visitare:

University College London:
http://www.ucl.ac.uk/

Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America (PNAS):
http://www.pnas.org/

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