The sound of silence – I suoni del silenzio. Ecco come il cervello si attiva

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QUANDO tutto intorno a noi tace, il cervello inizia a percepire il rumore del silenzio. Che non è assenza di suono, vuoto della percezione, un interruttore spento, bensì un mattone fondamentale del nostro sistema uditivo. Tanto da avere all’interno del cervello un circuito dedicato: un gruppo di neuroni che si attiva quando tutto tace e si assume il compito di trasportare il segnale del silenzio dall’orecchio fino alla corteccia uditiva, all’interno del lobo temporale. Qui il messaggio di pausa viene registrato come uno dei mattoni del linguaggio, indispensabile per dividere una parola dall’altra e dare senso a una conversazione.

La capacità del cervello di ascoltare il “suono del silenzio” è stata appena scoperta da Michael Wehr, uno psicologo dell’università dell’Oregon, insieme al gruppo di studenti con cui lavora per decifrare e correggere vari disturbi dell’udito, autismo e dislessia. I risultati, ottenuti su alcuni topolini da laboratorio monitorati con degli elettrodi nella testa, sono stati pubblicati ieri dalla rivista Neuron. “Immaginate di trovarvi in un luogo affollato, o in una festa – scrive Wehr nel suo studio. – Seguire chi parla di fronte a voi, distinguendo la sua voce dal rumore di fondo è un’impresa tutt’altro che banale.

I computer incontrano molte difficoltàe se il nostro cervello riesce a cavarselaè solo grazie alla capacità di tagliuzzare una conversazione negli elementi base. Riesce a inserire le pause nei momenti giusti, trovando linee di divisione corrette fra le sillabe e le parole”.

Ascoltare i silenzi diventa così fondamentale per dare un senso ai suoni. E forse non è un caso che “The sound of silence” si manifesti a Paul Simon “in mezzo a 10mila persone, forse più, che chiacchierano senza parlare e odono senza ascoltare” e che anche Wehr usi l’esempio di una festa rumorosa per spiegarci quanto è importante cogliere le giuste pause fra i discorsi.
Ma le similitudini finiscono qui. Perché se Paul Simon ha scritto la sua canzone in bagno al buio con il rubinetto dell’acqua aperto, Wehr ha utilizzato i piccoli roditori del suo laboratorio, sottoponendoli a suoni di frequenza e durata sempre diverse, fino a scoprire che l’inizio di uno stimolo uditivo attivava un gruppo di neuroni e la sua cessazione improvvisa accendeva una scarica in un gruppo di neuroni diverso. Segno che orecchio e corteccia uditiva sono collegati da due canali separati e indipendenti. Uno è incaricato di trasportare l’informazione “suono”. L’altro svolge il compito di riferire il messaggio “silenzio”. “I canali- spiega Wehr- lavorano indipendentemente l’uno dall’altro. Abbiamo osservato che la fine di un suono non interferisce con l’inizio di uno stimolo nuovo”. Prima era opinione corrente che il rumore provocasse l’attivazione dei neuroni uditivi, e che questi si spegnessero quando il rumore cessava.

“A conferma della nostra scoperta – spiega Wehr – sappiamo che le persone con problemi di udito hanno difficoltà a seguire una conversazione quando il rumore di fondo è intenso. Ora, capire come il cervello processi le pause fra le parole potrà aiutarci a costruire apparecchi acustici più efficienti o ad aiutare i bambini con dislessia”. Il passo successivo suggerito dalla ricerca sarà poi capire se lo stesso meccanismo a doppio canale è valido per gli altri sensi. Se cioè anche la fine di una carezza provoca l’attivazione di nuove sensazioni o se il buio è capace di accendere una luce nella nostra mente.

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